domenica 11 ottobre 2015

INVECCHIAMENTO CELLULARE: COME LA MEDICINA FUNZIONALE PUO' CONTRASTARE I NEMICI DELLA FELICITA' E DELLA BELLEZZA. by Giulia Calogero

Le religioni e gli alchimisti hanno a turno sempre promesso la vita eterna, attraverso atti di fede o pratiche improbabili.
Oggi la medicina funzionale che è anche nutrizione e medicina anti-età possiede le basi scientifiche che ci consentono di comprendere come il nostro futuro possa essere sempre più roseo e in salute fino a una serena e longeva vecchiaia.

Fino a poco tempo fa, si riteneva che i principali fattori dell’invecchiamento fossero l’intossicazione cronica intestinale e la degenerazione del sistema immunitario. Aspetti sicuramente veri e fondamentali.

Accanto a questi elementi di conoscenza che ci consentono già ora un approccio metodologico di prevenzione, si socchiudono oggi delle porte che, in un futuro relativamente prossimo, potrebbero consentirci di sperare in una longevità nettamente superiore a quella che adesso consideriamo l’unica possibile.
Tutto questo, naturalmente, va detto al condizionale in quanto molti problemi devono ancora essere risolti.

Alcuni studi sembrano molto promettenti. Il biogerontologo inglese Aubrey de Grey, ad esempio utilizza una strategia anti-età che differisce notevolmente da quelle dei suoi colleghi.

Prima di lui, c’erano solo due tecniche usate per intervenir sull’invecchiamento.

La prima era quella di cercare di rallentare i processi attraverso i quali i danni causati dalla degenerazione organica provocano l’insorgenza di malattie. In questo modo si ritarda il momento in cui queste malattie diventano gravi e alla fine fatali.
Si tratta, ovviamente, di una strategia che ha un’azione a breve termine, poiché comunque i danni continuano ad accumularsi e diventa sempre più difficile combattere tale accumulo. E la soglia fatale di accumulo di questi danni non tarda, in genere, ad essere raggiunta.

Il secondo approccio consiste nel cercare di rallentare i processi attraverso i quale il metabolismo provoca questi danni.
Questo approccio richiede una operazione di “pulizia” del metabolismo. In questo modo, si riesce a ritardare leggermente l’età in cui appaiono le malattie.

Ma l’invecchiamento viene solo rinviato.

Pertanto, tutti i danni già accumulati nel momento in cui il trattamento è iniziato continueranno ad accumularsi e crescere senza essere fermati. D’altra parte, questa strategia, per essere veramente efficace, richiederebbe una comprensione scientifica del metabolismo molto più avanzata di quella di cui disponiamo attualmente, soprattutto se si vuole evitare l’esposizione agli effetti collaterali che farebbero più male che bene.

Come risultato, Aubrey de Grey preferisce scegliere una terza strategia che chiama d’ingegneria.

Quali sono i principi di questo metodo?

Questo metodo consiste nel non intervenire al livello del metabolismo o delle patologie, ma piuttosto al livello dei danni che legano questi due processi. Lavorando per riparare i danni che si accumulano durante la vita, sembrerebbe possibile, secondo Aubrey de Grey, mantenerli sotto la soglia oltre la quale diventano patogeni. Inoltre, questo sarebbe tanto più facile perché non sembrerebbe necessario ripararli completamente per ottenere il risultato desiderato.

Sarebbe solo necessario riparare il danno sufficientemente per allungare la vita… fino a quando la scienza non consentirà di ripararli ancora meglio!

Il metodo d’ingegneria è quindi molto diverso concettualmente dagli altri due approcci. Tuttavia, il suo ideatore, che ovviamente non manca di critici e commentatori che lo considerano un tipo stravagante, afferma che il suo approccio è in realtà molto più fattibile rispetto agli altri.

Perché questo metodo sarebbe efficace?

1 • Perché interviene con sufficiente anticipo prima che i danni diventino incontrollabili.

2 • Perché non interviene sul metabolismo, ancora troppo misterioso per le nostre attuali conoscenze.

3 • Perché, non intervenendo specificamente sul metabolismo, riduce notevolmente gli effetti collaterali secondari dei trattamenti.

I sette danni mortali

Il metodo d’ingegneria offre, in questo modo, alla scienza dell’antinvecchiamento, un metodo per aggirare la sua ignoranza attuale. In effetti, non ha altra ambizione, poiché mira solo a fornire strumenti utili a chi intende vivere abbastanza a lungo per godersi, tra pochi decenni, i progressi che la scienza avrà raggiunto.
Ma il più grande vantaggio del metodo di ingegneria è che, senza essere troppo semplice, rimane il meno complicato. È circoscritto alla questione delle riparazioni dei danni ai sette elementi mortali.

Questi sono i sette tipi di danni che si accumulano durante la vita e che alla fine contribuiscono all’invecchiamento e diventano patogeni.

Quali sono questi sette danni?

1 • Le mutazioni epigenetiche e nucleari e cancerogene: si tratta di mutazioni cancerogene del DNA al livello del nucleo cellulare e delle proteine di legame del DNA.

2 • Le mutazioni mitocondriali: sono le mutazioni nel DNA dei mitocondri (centrali energetiche delle cellule) che ne turbano il funzionamento.

3 • I rifiuti intracellulari: sono i rifiuti di molecole diverse, soprattutto le proteine, che non sono stati eliminati e che intasano la cellula. Essi sono responsabili dell’aterosclerosi e delle malattie neurodegenerative come il morbo di Alzheimer.

4 • I rifiuti extracellulari: gli stessi rifiuti precedenti, ma che qui si accumulano tra le cellule.

5 • La perdita di cellule: raggiunta la fine della loro capacità di replicarsi (il limite di Hayflick), le cellule muoiono senza essere sostituite, rendendo gli organi, compreso il cuore, sempre più fragili, indebolendo il sistema immunitario e provocando varie malattie come il Parkinson…

6 • La senescenza cellulare: arrivate a fine corsa, alcune cellule non si moltiplicano più, ma la maggior parte non muoiono neanche. Diventano quindi pericolosamente disfunzionali, secernendo sostanze tossiche e causando in particolare il diabete.

7 • I connettori extracellulari: si tratta delle proteine di legame intercellulare che, diventando troppo numerose e rigide, provocano vari disturbi, soprattutto alla vista.

Gli integrazioni nutrizionali classici consentono di rallentare l’invecchiamento, ma purtroppo non lo interrompono.

Il lavoro di Aubrey de Grey rappresenta certamente un progresso metodologico estremamente importante. Ma questi ultimi anni hanno visto arrivare un’onda di un vero e proprio tsunami scientifico in biologia, farmacia e nutrizione. In linea, o in parallelo, al lavoro di Aubrey de Grey, centinaia di articoli sono stati pubblicati, rimettendo in discussione il dogma della longevità relativamente limitata della specie umana. Molti di questi studi si concentrano sulla ricerca applicata. Ci sono ricercatori che cercano. e ricercatori che trovano.
La buona notizia è che oggi fortunatamente l’arsenale anti-età si è arricchito notevolmente e ci sono già diversi prodotti, quasi tutti disponibili come integratori alimentari, che sono parte del processo. Tutti possono quindi iniziare a utilizzarli per attaccare i sette danni mortali evidenziati da Aubrey de Grey e, infine, per invertire, non solo rallentare, il meccanismo infernale che porta alla degenerazione e alla tomba.

Queste sostanze appartengono a diverse categorie:

1 • Attivatori della telomerasi

L’identificazione di tali sostanze rappresenta un notevole progresso. La telomerasi permette la sintesi e la crescita del DNA telomerico. I telomeri, posti alle estremità dei cromosomi, permettono alle cellule di replicarsi. Quando si accorciano troppo le cellule muoiono. Grazie agli attivatori
della telomerasi, si spera che le cellule superino il limite di Hayflick e continuino a replicarsi.
Si potrebbe così sfuggire a uno dei meccanismi inevitabili dell’invecchiamento!

2 • Stimolatori della generazione di nuovi mitocondri

I mitocondri sono le centrali energetiche delle cellule. Quando invecchiamo, i mitocondri si riducono progressivamente di numero e quelli che restano sono sempre meno efficienti e producono sempre più rifiuti. Il risultato è un enorme spreco di energia, disturbi fisici e cognitivi incessanti e un deterioramento cellulare accelerato.
Questo deficit energetico importante è presente e corresponsabile in quasi tutte le malattie degenerative legate all’invecchiamento.
Tuttavia, abbiamo scoperto un nutriente che non solo può migliorare il funzionamento dei mitocondri esistenti, ma aumentare anche il numero di mitocondri, vale a dire facilitarne la biogenesi attivando geni che ne regolano la riproduzione. E questo accade anche all’interno delle cellule senescenti.

3 • Mimetici della restrizione calorica

Sappiamo dal lavoro del Dott. Roy Walford che una restrizione calorica severa, ma senza malnutrizione è il mezzo più sicuro e il migliore convalidato per prolungare significativamente, di circa il 20%, la durata di vita della maggior parte dei mammiferi (si arriva quasi al 100% in alcune specie più semplici).
Il lavoro di Walford è stato parzialmente convalidato, anche negli esseri umani, durante l’esperimento Biosfera II, cui ha partecipato personalmente. La restrizione calorica può influenzare positivamente la maggior parte dei sette danni evidenziati da Aubrey de Grey. Con l’attivazione di alcuni geni, inibendone altri, la restrizione calorica rallenta l’invecchiamento in modo importante. Purtroppo, molto difficile da sopportare e richiede molta volontà.
Gli scienziati hanno quindi cercato sostanze che imitano gli effetti della restrizione calorica e che interferiscono nello stesso modo con i geni che regolano la longevità.

4 • Attivatori delle cellule staminali

La ricerca sulle cellule staminali solleva grandi speranze nel campo della medicina e della lotta contro l’invecchiamento e le malattie che lo accompagnano.
Recenti studi hanno dimostrato che alcuni nutrienti ed estratti vegetali aiutano a stimolare e aumentare la produzione naturale di cellule staminali nel midollo osseo.

La medicina funzionale è tutto questo:

Certo è che comunque siamo tutti degli “sperimentatori”, anche su noi stessi, ma che questo è un percorso che, anche se sicuramente migliorabile, può contribuire a portarci ad avere una vita più protetta da eventi di malattia, più felice, e certamente più longeva e sana.

L’aspetto ingegneristico riguarda anche il recupero delle performances fisiche attraverso il ripristino di equilibri organici persi. L’osso, i muscoli possono essere rimodellati e l’osteopatia ben lo insegna; anche i visceri possono trovare nuova collocazione e un miglior funzionamento attraverso il loro rimodellamento. La pelle poi può trovare nuova giovinezza sia attraverso una migliore nutrizione che l’utilizzo di integratori idonei (e come sempre va valutata la singola persona), attraverso una migliore ossigenazione e, non ultimo, l’utilizzo di strumenti che, in maniera assolutamente non invasiva, sono in grado di recuperare i segni dell’età promuovendo rigenerazione cellulare e elasticità e compattezza.


Ingegneria biochimica cellulare, riferita a tutto l’organismo, quindi, recupero nutrizionale e, in genere, di qualità dello stile di vita, recupero di mobiltà e forza fisica con aumento delle performances, recupero in bellezza. Tutto questo non può che creare felicita!

Buona salute!
Dr.ssa Giulia Calogero

sabato 27 giugno 2015

LE PROTEINE CAMALEONTE

La Medicina Funzionale non è solo stile di vita, o ricerca di equilibri, ma soprattutto conoscenza. Conoscenza dei meccanismi più intimi che regolano il funzionamento a livello cellulare e quindi dell’organismo.
Per questo motivo è importante anche segnalare come le biotecnologie siano di grande aiuto, consentendoci, di giorno in giorno, di aggiungere piccoli o grandi elementi al puzzle della vita.
La conoscenza diventa scienza e viene tradotta in pratica clinica.
Per questo motivo mi sembra importante segnalare questa nuova acquisizione, che sarà strumento operativo nei prossimi anni, consentendoci di avere “informazioni funzionali” a livello di espressione dei geni e dei loro prodotti.
    Un gruppo di ricercatori dell’ETH Zurich’s Department of Biosystems Science and Engineering a Basilea ha scoperto un nuovo meccanismo di come le proteine ​​fluorescenti possono cambiare colore.
Le proteine fluorescenti, in ricerca biomedica, sono utilizzate per numerosi scopi: per rendere visibili al microscopio processi dinamici come l’espressione di un gene, intere cellule, specifiche strutture cellulari o singole molecole. In natura, queste proteine si trovano in alcune specie di meduse e coralli.
 La nuova tecnica di microscopia messa a punto da questi ricercatori permette per la prima volta di visualizzare selettivamente le singole cellule all'interno del complesso tessuto tridimensionale di un organismo vivente. I ricercatori sono quindi riusciti a catturare delle immagini microscopiche spettacolari nel sistema nervoso di una larva zebrafish, un ottimo organismo modello molto usato in ricerca anche perché ha gli embrioni trasparenti, ideali per l'osservazione di numerosi aspetti biologici.

 

In quest’immagine si vedono i motoneuroni del midollo spinale e, allo stesso tempo, un singolo neurone con tutte le sue estensioni è evidenziato in un altro colore.

Questo gruppo ha lavorato con una classe speciale di proteine ​​fluorescenti che cambiano colore quando irradiati con luce laser a una specifica lunghezza d'onda. Una di queste 'proteine ​​camaleonte' si chiama Dendra 2, ed emette luce verde quando illuminata con luce blu. L'emissione di Dendra 2 diventa rossa quando viene irradiata da un’intensa luce laser ultravioletta (UV).
In particolare, i ricercatori hanno scoperto che Dendra 2 emette in rosso anche quando la proteina è irradiata contemporaneamente sia dalla luce blu che rossa.  Quindi è sufficiente usare un’illuminazione a doppio colore (blu-rosso) a bassa intensità di luce laser, che non danneggia le cellule vive come l’irradiazione UV, per ottenere il cambio di colore.
Il gruppo di ricerca ha dimostrato che, quando utilizzati singolarmente, i due raggi laser non possono cambiare il colore di una proteina camaleonte. Ma quando i due fasci sono combinati e diretti in modo che si incontrino in un certo punto sull'oggetto, allora le proteine messe a fuoco cambiano colore. Al contrario, le proteine ​​che non sono attivate ​​contemporaneamente dai due laser mantengono il loro colore originale.
Per la prima volta, la scoperta di questi ricercatori consente di evidenziare con un colore una singola cellula o un gruppo di molecole situate nella zona d’interesse di un organismo vivente, mentre tutte le altre cellule o molecole attorno rimangono visibili con un altro colore.


I ricercatori hanno sviluppato un filtro colorato semplice e poco costoso, che può essere utilizzato con i convenzionali microscopi confocali. Quando montato tra la sorgente laser e l'oggetto, il filtro divide la luce laser in fascio blu e rosso separati che sono diretti su un piccolo punto focale sull'oggetto.

La capacità di visualizzare singoli neuroni potrebbe essere di grande importanza, per esempio, nella mappatura precisa del cervello, secondo il leader del gruppo. Poiché il metodo è adatto per mettere in evidenze singole cellule negli organismi viventi, potrebbe essere utilizzato anche per studiare processi dinamici; per esempio, cosa accade a singole cellule o a un gruppo di molecole, quando i ricercatori trattano un organismo con principi attivi farmaceutici, ma anche, più favorevolmente, modificando l’alimentazione o introducendo prodotti di nutraceutica costruiti ad hoc. Anche lo sviluppo embrionale potrebbe essere esaminato in modo più dettagliato. "Questo è un bell’esempio di come si può prendere un risultato dalla ricerca di base e utilizzarlo per fornire una soluzione a un problema tecnicamente più impegnativo."

Per approfondire
In vivo single-cell labeling by confined primed conversion
Dempsey et al. Nature Methods 2015

Buona salute!
Dott.ssa Chiara Saggioro, BSc, PhD


domenica 15 marzo 2015

LA QUERCETINA: PROPRIETA' ANTINFIAMMATORIE, ANTIALLERGICHE E ANTITUMORALI

Oggi incontriamo la quercetina, perché? 


Rutina rutoside

La quercetina è un flavonoide, che appartiene al gruppo dei flavonoli (e più precisamente è un tetraossiflavonolo), è la componente agliconica di vari glicosidi, tra cui la rutina e la quercitrina.
Si tratta di uno dei flavonoidi più comuni in quanto è presente in numerose specie vegetali quali l'ippocastano, la calendula, il biancospino, la camomilla, il levistico, l'iperico e il gingko biloba.
Alimenti particolarmente ricchi di quercetina sono: cappero (è la pianta che ne contiene la maggior quantità rispetto al peso), levistico, uva rossa e vino rosso, cipolla rossa, pomodori e broccoli, tè verde, mirtillo e frutti di bosco in genere, mela, agrumi, olive, profilo e sedano.
È considerato un inibitore naturale di vari enzimi intracellulari:
  • alcune tirosin-chinasi (TK), incluso il recettore del fattore di crescita epidermico (EGFR);
  • alcune proteine chinasi calcio-fosfolipide dipendente (PKCs);
  • la 5-lipossigenasi (che produce i leucotrieni, mediatori dell'infiammazione dell'asma);
  • la fosfolipasi A2, che degrada i lipidi di membrana generando acido arachidonico, che viene poi trasformato in prostaglandine, coinvolte nell'infiammazione;
  • l'ornitina decarbossilasi (ODC) che produce le poliammine, notoriamente coinvolte nella proliferazione cellulare;
  • le chinasi dei fosfoinositidi PI3K e PI4P-5K, coinvolte nelle risposte proliferative innescate dalle vie mitogeniche della traduzione del segnale.
Per tali proprietà è stata estensivamente studiata in campo oncologico sperimentale, nella delucidazione dei meccanismi di proliferazione cellulare e della cancerogenesi.
La quercetina è inoltre un antiossidante naturale. Tra le sue funzioni più importanti vi sono:
  • ripristinare il tocoferolo (Vitamina E), dopo che questo si è trasformato in radicale libero (tocoferil-radicale)
  • disintossicare la cellula dal superossido 
  • frenare la produzione di ossido nitrico durante le infiammazioni. 
Tuttavia, la sua scarsa biodisponibilità orale, a causa della sua insolubilità nell'acqua, ne limita l'utilizzo. L’isoquercitrina (IQC) dispone di una biodisponibilità migliore, ma viene di gran lunga superata da un'altra formula idrosolubile: l’isoquercitrina enzimaticamente modificata EMIQ®. 

Constatato che la solubilità nell'acqua viene migliorata dalla glicosilazione (cioè l'unione a uno zucchero), alcuni ricercatori hanno valutato la biodisponibilità di diversi glicosidi della quercetina somministrata per via orale. Delle diverse formule di quercetina, quella modificata per via enzimatica, l'isoquercitrina (isoquercitrina alfa-oligoglucosyl, EMIQ), è stata identificata come la formula con più elevata biodisponibilità. 

Biodisponibilità
Quercetina2%
Quercetina-3-O-glucoside (isoquercitrina, IQC)12%
Quercetina-3-O-maltoside (Q3M)30%
Isoquercitrina EMIQ35%

Una biodisponibilità diciassette volte superiore! 

L’isoquercitrina EMIQ viene ottenuta naturalmente per via enzimatica dalla rutina, un altro flovonolo. I suoi cambiamenti strutturali conferiscono all'isoquercitrina EMIQ una biodisponibilità e una concentrazione plasmatica che durano fino a dodici ore dopo la somministrazione, stabilendo un risultato diciassette volte superiore rispetto al semplice consumo della diidroquercetina.
Negli studi in vitro, tale formula viene infatti rapidamente idrolizzata e assorbita dall'intestino, rilasciando la quercetina, grazie alla presenza di due enzimi: lattasi e maltasi-glucoamilasi.


Vediamo come utilizzare la quercetina e iniziamo dalle allergie, male stagionale!

L'utilizzo della quercetina e dell’isoquercitrina IQC, come per la maggior parte dei flavonoidi, è particolarmente raccomandato nell'ambito delle allergie, siano esse respiratorie o digestive, come asma, riniti, ma anche eczema atipico e orticaria; meglio assieme all'assunzione di acido L-ascorbico (vitamina C) e dello zinco. 
In uno studio realizzato nel 2009, in doppio cieco, su ventiquattro persone allergiche al polline, la somministrazione dell'isoquercitrina EMIQ, per otto settimane, ha ridotto in modo significativo i disturbi oculari (prurito, lacrimazione, congestione), effetti riscontrabili sin dopo la prima settimana di utilizzo e con una attività massima che si stabilizzava a partire dalla sesta settimana e corrispondente alla quasi totale scomparsa dei sintomi. 
Poiché la quercetina rappresenta un buon agente preventivo, deve essere presa a stomaco vuoto la mattina o lontano dai pasti principali, 200 mg al giorno ripartiti durante la giornata, almeno due settimane prima della stagione dei pollini che causano le allergie. La somministrazione dovrà essere costante fino al termine della stagione e può anche integrare perfettamente quella di altri prodotti specifici. Inoltre, secondo alcuni studi, chi assume farmaci convenzionali, può trovare grande beneficio dalla somministrazione contemporanea di quercetina con il risultato di una maggiore attenuazione dei sintomi.


Attività nelle malattie nelle quali lo stress ossidativo e l'infiammazione cronica giocano un ruolo di primo piano.

La quercetina è attiva, oltre nelle già citate allergie, nella resistenza all'insulinaaterosclerosiartritemorbo di Alzheimerpsoriasilupus e molte delle patologie legate all'invecchiamento; la quercetina inibisce numerose fasi che portano alla liberazione di istamina e alla produzione di prostaglandine e leucotrieni ad azione pro-infiammatoria, nonché gli enzimi 5-lipossigenasi e fosfolipasi A2. Nel contempo esercita una potente azione antiossidante diretta ed indiretta, proteggendo l'attività dei sistemi enzimatici antiossidanti endogeni: catalasi, superossido dismutasi, glutatione perossidasi e glutatione reduttasi. 

Attività in campo cardiovascolare e antiaterogeno

La riduzione del rischio cardiovascolare può essere favorita dall'attività antiaggregante piastrinica ed antitrombotica della quercetina. Studi hanno dimostrato la scomparsa dell'ipertensione arteriosa sistolica nei ratti, probabilmente a causa di un aumento del NO endoteliale. 
Inoltre, altri studi hanno dimostrato l'effetto antiaterogeno dell’isoquercitrina EMIQ, con la conseguente scomparsa delle aree delle lesioni aortiche dell'arteriosclerosi e una diminuzione delle lesioni delle placche arteriose nel seno aortico. 


Attività sull'invecchiamento cutaneo precoce

Questa azione è riconducibile alla capacità della quercetina - sia per via orale che per applicazione topica - di contrastare l'attività negativa delle radiazioni solari; queste ultime, infatti, conducono alla sintesi di specie reattive dell'ossigeno (radicali liberi) capaci di produrre alterazioni strutturali nella sintesi di collagene ed elastina da parte dei fibroblasti dermici.

Sembra bloccare la crescita delle cellule tumorali 

In uno studio condotto sui ratti, la somministrazione dell'isoquercitrina EMIQ ha soppresso la proliferazione delle cellule epatiche preneoplastiche. 


Secondo studi clinici in corso, la somministrazione dell'isoquercitrina EMIQ contribuisce a ridurre il grasso corporeo complessivo, a una distribuzione più equilibrata delle aree adipose e a ridurre le aree di grasso sottocutanee. Questa importante attività lipolitica comporta, nei topi, la perdita di peso, la riduzione del volume complessivo del grasso viscerale, l'ipertrofia degenerativa degli adipociti, anche in caso di dieta iperlipidica. 

Accanto a queste proprietà veramente interessanti per il suo utilizzo, l'analisi di tutti gli studi sin qui effettuati sembra evidenziare un elevatissimo profilo di sicurezza, tanto che , nel 2003, è stata riconosciuta  come sostanza sicura dall'FDA negli Stati Uniti e viene autorizzata come additivo alimentare in Giappone e utilizzata come antiossidante in molteplici prodotti.


Infine va sottolineato come la quercetina possa essere utile anche in condizioni apparentemente minori quali emorroidi, insufficienza venosa e fragilità capillare: ben nota la capacità di glucosidi come la rutina, di agire come antiemorragici ed antiedemigeni con un importante ruolo terapeutico in presenza di emorroidivene varicose e manifestazioni tipiche dell'insufficienza venosa (crampi notturni, dolori, pesantezza e gonfiore alle gambe).

Come sempre raccomando di non fare mai da soli, anche questo integratore importante, per la nostra salute, va cercato innanzitutto in un un utilizzo degli alimenti che vi ho inizialmente descritto a scopo di prevenzione. Solo successivamente, e in presenza di condizioni nelle quali deve essere un medico specialista a darne indicazione, ne va cercato un utilizzo terapeutico.

Buona salute
Alfredo Saggioro, MD


Per saperne di più
  • Ranelletti FO et al.: Quercetin inhibits p21-RAS expression in human colon cancer cell lines and in primary colorectal tumors. Int J Cancer. 2000 Feb 1; 85(3): 438-45.
  • Mutoh M et al.: Suppression of cyclooxygenase-2 promoter-dependent transcriptional activity in colon cancer cells by chemopreventive agents with a resorcin-type structure. Carcinogenesis. 2000 May; 21(5): 959-63.
  • Lamson DW, Brignall MS.: Antioxidants and cancer, part 3: quercetin. Altern Med Rev. 2000 Jun; 5(3): 196-208. Review.
  • Caltagirone S et al: Flavonoids apigenin and quercetin inhibit melanoma growth and metastatic potential. Int J Cancer. 2000 Aug 15; 87(4): 595-600.
  • Wang HK.: The therapeutic potential of flavonoids. Expert Opin Investig Drugs. 2000 Sep; 9(9): 2103-19. Review.
  • Siess MH et al.: Mechanisms involved in the chemoprevention of flavonoids. Biofactors. 2000; 12(1-4): 193-199.
  • Schmitt CA, Dirsch VM.: Modulation of endothelial nitric oxide by plant-derived products. Nitric Oxide. 2009 Sep; 21(2): 77-91. Review.
  • Ossola B, Kääriäinen TM, Männistö PT.: The multiple faces of quercetin in neuroprotection. Expert Opin Drug Saf. 2009 Jul; 8(4): 397-409. Review.