lunedì 30 dicembre 2013

2013 UN ANNO DI ATTESA. 2014 UN AUGURIO DI CAMBIAMENTO

In questi primi pochi mesi di questo blog, abbiamo cercato di dare un'idea di cosa sia Medicina Funzionale, di come si avvicini ai problemi. Abbiamo cercato di far comprendere che, anche se non si vuole credere ai miracoli, tuttavia si può fare molto, sia nella prevenzione, sia nella cura e guarigione di tante malattie croniche. Avete cominciato a seguirci, sempre più numerosi. Per darci forza vi chiediamo di iscrivervi. Nel 2014, per il quale vi facciamo gli auguri più sentiti, cercheremo di iniziare, oltre a estendere gli argomenti, a farvi comprendere meglio come raggiungere quegli equilibri che costituiscono il nostro fine ultimo. Ancora tanti tanti AUGURI di un anno di pace, solidarietà, crescita e...salute!!!

martedì 24 dicembre 2013

AUGURI!

Con i nostri Auguri Migliori di un sereno Natale e un 2014 di salute e prosperità

domenica 22 dicembre 2013

PERCHE' CI AMMALIAMO

Per capire moltissime patologie bisogna prima comprendere come funzioniamo e, poi perché funzioniamo male.
Solo allora si potrà comprendere come prevenire o curare.

Cominciamo dalla storia dell’uomo, tre milioni e mezzo di anni fa. Perché così lontano?
Perché la visione del tempo negli antichi era più o meno questa: “sei nel mezzo del fiume (il Tempo) e guardi verso la foce. Il futuro arriva da dietro… e svanisce subito nel passato. Che però è sempre davanti a te, e avanza di continuo. Se potessi guardare abbastanza lontano vedresti l’inizio e quindi, essenzialmente, tutto”.  Questo per dire che, se utilizzassimo una visione più realistica della vita, centrata sul passato, forse sarebbe più facile capire perché oggi si è sani o malati.
Siamo nati per essere sani e in forma. Questo è l’elemento principale che ci deve guidare, anche se la medicina è tutta centrata sull’individuare le malattie, cioè le persone non sane, e a crearle (malate). 

Basta guardare a molti farmaci, inizialmente nati con un’indicazione che poi si è allargata (per esempio le statine che sembrerebbero essere l’elisir di lunga vita, contro tutto, o i farmaci inibitori la pompa protonica, nati per curare l’ulcera, ma poi trasformando tutti coloro che hanno un bruciorino di stomaco in “malati di reflusso”, oggi indicati in circa 500 milioni di persone al mondo).
Quello che dobbiamo domandarci è se siano prima necessari nuovi farmaci, la mappatura dei geni, nuove tecniche chirurgiche, strumenti di diagnosi sofisticati, o fermarsi a pensare se questi “bisogni” non vengano dopo la ricerca di un modo migliore e più semplice per essere sani e stare bene.

Una parte di questa risposta sta sicuramente nelle origini e cercare di rispondere a domande fondamentali:
Che cosa dovremmo mangiare?
Quale e quanto esercizio fisico dovremmo fare?
In che cosa consiste una vita sana?

Dobbiamo anche domandarci perché il nostro sistema sanitario sia confuso al riguardo e le istituzioni che si occupano di prevenzione siano più simili a parassiti che a organismi simbiotici. Purtroppo la risposta c’è: è difficile lucrare sulla gente sana , a meno di non vendere biciclette, scarpe da corsa o lezioni di ballo o alimenti biologici ecc.
Vorrei allora utilizzare un’analogia per spiegare dove questo discorso vuole arrivare. Se si immagina una scatola piena di pezzi di ceramica metà rossi e metà verdi che voi dovete rimettere assieme per creare l’oggetto originale, immaginate anche due scenari diversi. Nel primo non sapete che l’oggetto originario è un vaso fatto solo di cocci rossi, mentre nel secondo non avete idea di che forma abbia l’oggetto originale. A complicare il tutto dovete pure indossare degli occhiali che vi faranno vedere i frammenti, rossi o verdi, tutti marroni.
Credo che vi verrebbe una bella frustrazione se, vedendo tutti i pezzi dello stesso colore e non sapendo cosa dovreste ricostruire vi accingeste comunque all’impresa. Bene, la ricerca, nel campo della nutrizione, della medicina, nel settore biomedico in generale si trova in una situazione molto simile. Tutti indossano i paraocchi, tutti gli studi appaiono apparentemente ugualmente validi, non abbiamo una teoria unificante sulla base della quale valutare i risultati. Di conseguenza tutto è vero anche il contrario del vero, un giorno le uova possono salvarvi la vita e il giorno dopo apparire come armi letali.

Faccio ora un esempio più concreto: il grasso fa ingrassare? Giusto? Bene, gli epidemiologi (e l’epidemiologia è forse l’unica scienza esatta in medicina perché conta i fenomeni) sono impegnati a spiegare perché i francesi, gli spagnoli, ma anche i sardi e i greci che mangiano più grassi degli americani (ma consumano molto, molto meno zucchero), non presentano la stessa incidenza di obesità, diabete e cancro. Eppure i dietologi sostengono che dobbiamo mangiare più carboidrati (55-60%) e meno grassi. Forse si dimentica la nostra storia, forse non tutti comprendono come il nostro passato e il nostro futuro siano profondamente interessati dal nostro patrimonio genetico. La risposta può sembrare troppo semplice, ma la maggior parte dei nostri problemi di salute viene dal passato: ricordiamoci che noi, cioè l’Homo sapiens, siamo parte della natura e questo straordinario patrimonio genetico che ci portiamo dietro è il punto di arrivo di un albero genealogico che affonda le sue radici all’alba della vita. Meraviglioso!

I nostri progenitori sono passati dallo stile di vita di cacciatori-raccoglitori, che avevano seguito per milioni di anni, al più vasto esperimento mai tentato su scala globale, l’agricoltura, e qualunque antropologo vi confermerà questo effetto sconvolgente della rivoluzione agricola.
Se si rappresenta la storia dell’essere umano come una linea lunga 100 metri e se percorressimo i primi 99,5 metri, avremmo percorso tutta la storia dell’uomo tranne gli ultimi 5000 anni. In questo lungo periodo (99,5% della nostra storia) è avvenuta la selezione genetica attraverso la quale ci siamo adattati alla vita dei cacciatori-raccoglitori, e ci siamo adattati davvero bene, superando condizioni di vita difficilissime da affrontare, mentre l’interazone fra i nostri geni e il nostro ambiente ci ha reso quello che eravamo, ma anche quello che siamo: il nostro patrimonio genetico è in sostanza identico a quello dei nostri primi antenati umani, vissuti più di 120.000 anni fa. Gli ultimi 10.000 anni, ovvero il periodo in cui siamo passati dallo stile di vita dei cacciatori-raccoglitori all’agricoltura, rappresenta l’ultimo mezzo metro di questa linea lunga 100 metri e gli ultimi centimetri rappresentano la televisione, internet, gli oli vegetali raffinati e gran parte di quello che pensiamo oggi sia il modo normale di vivere.

Vediamo cosa è successo.
Sempre gli antropologhi sostengono che i nostri antenati cacciatori-raccoglitori godevano di una salute notevole. Erano alti quanto o più degli americani o degli europei dei nostri giorni, il che indica che la loro dieta era molto nutriente. In pratica non avevano carie né malformazioni ossee tipiche della malnutrizione. Nonostante l’ovvia mancanza di cure mediche la mortalità infantile era notevolmente bassa, e, nonostante le condizioni ambientali difficili, più del 10 per cento di loro arrivava a vivere oltre i sessant’anni. Gli studi fatti nelle popolazioni ancora esistenti sul pianeta di cacciatori-raccoglitori che vivono in età contemporanea, indicano che malattie come il cancro, il diabete e le malattie vascolari sono in pratica sconosciute in queste popolazioni e non c’è neppure traccia di acne e miopia.
I nostri progenitori avevano una struttura fisica possente, con forza e resistenza comparabile a quella degli atleti moderni. Questo perché lo stile di vita era quello dei predatori che richiedeva alti livelli di attività, ma permetteva anche lunghi periodi di riposo e di relax.
E tutte queste non sono solo supposizioni. Basta chiedere a un medico specialista in medicina legale o a un esperto di antropologia medica. Sarà capace di distinguere, quasi a colpo d’occhio, lo scheletro di un cacciatore-raccoglitore da quello appartenente a una popolazione agricola. Questo appunto per via delle carie dentali, delle malformazioni ossee e, in genere dai segni generali di condizioni di salute più precarie più frequenti nell’uomo ormai ridotto a uno stato stanziale rispetto ai suoi cugini cacciatori-raccoglitori. Questi dati sono confortati da molte ricerche: per esempio, nell’Ohio, Stati Uniti d’America, sono stati studiati abitanti della zona sia cacciatori-raccoglitori (Indian Knolls, dal nome della zona di ritrovamento, vissuti fra i  3000-5000 anni fa), che agricoltori (villaggio di Hardin circa 500 anni fa). In questi siti archeologici sono stati ritrovati un gran numero di resti che hanno consentito di ricostruire le abitudini alimentari: Gli abitanti di Hardin, agricoltori, vivevano prevalentemente di mais, legumi e zucche, come molte popolazioni native americane (per es. i Pima in Messico e Arizona che, fra l’altro, sono la popolazione al mondo con la massima incidenza di calcoli alla cistifellea). I cacciatori-raccoglitori di Indian Knolss vivevano invece di una dieta di tipo predatorio a base di carne, frutta selvatica, pesce e crostacei.

La differenza concernente lo stato di salute delle due popolazioni evidenziata in questi studi è notevole:

·      I cacciatori-raccoglitori non mostrano alcun segno di carie, mentre negli agricoltori almeno sette carie per individuo
·      I cacciatori-raccoglitori mostrano un tasso di malformazioni ossee tipiche della malnutrizione significativamente più basso (erano quindi meglio nutriti)
·      I cacciatori-raccoglitori mostrano un tasso inferiore di mortalità infantile, con una differenza più rilevante nell’età compresa fra i 2 e i 4 anni, età cioè in cui la malnutrizione ha effetti particolarmente dannosi sui bambini.
·      I cacciatori-raccoglitori erano più sani come dimostra i tasso di malformazioni dovute a malattie infettive più basso
·      Vivevano anche più a lungo e mostrano pochissimi segni di carenza di ferro, calcio o proteine rispetto agli agricoltori.

Tutto questo pur essendo vissuti 3000-4000 anni prima.

Questi dati confermano studi più recenti, sempre di antropologia medica, dai quali, si evidenzia come, rispetto a una aspettativa di vita sempre in aumento, come riportato dal grafico qui sotto,
















l’aspettativa di vita reale, cioè quella per cui viviamo contando solo sulle nostre forze, come il ricercatore-raccoglitore, senza l’ausilio di medici, farmaci e quant’altro, è in verità espressa dal grafico seguente:



Questo significa che è successo qualcosa che ha modificato le nostre capacità di difenderci dalle malattie, nonostante Pasteur, la scoperta dei microbi e Fleming degli antibiotici. La nostra vita si è modificata drammaticamente negli ultimi anni e questo non può che essere attribuito all’aumento del consumo di cereali, quantitativo da un lato e qualitativo (più glutine e più cereali raffinati e quindi assorbiti come zuccheri) dall’altro.

Ma non è solo questo, la vita si è modificata profondamente per quanto riguarda lo stress. Non è che l’uomo primitivo fosse esente da paure, certo la vita era molto più difficile. Ma tutto era dato come inevitabile e il tempo, invece, dedicato a sé o alla famiglia era molto molto di più rispetto a oggi.
Le stress non è una bella parola per giustificare quello che non sappiamo o che non vogliamo, è adrenalina (e quindi zuccheri), ma è anche, e questo ci importa assai di più, perdita di difese di barriera a livello delle mucose.
Quello che avviene è lo stesso fenomeno fisiopatologico provocato dall’alcol: si riducono le prostaglandine buone (PGE2), si riduce il flusso di sangue, si riduce la produzione di muco, si riduce la capacità riparativa cellulare.
Risultato? Quello che gli anglosassoni chiamano Leaky Gut Syndrome, cioè una perdita di permeabilità di membrana.
La perdita di permeabilità di membrana è cosa gravissima perché significa minori difese, trasmissione al sistema immunitario di messaggi impropri e possibilità di proteine estranee di attraversare la barriera e provocare infiammazione.

Da ultimo va considerata l’attività fisica. Eravamo sempre in movimento, da quando cacciatori-raccoglitori inseguivamo le nostre prede, a quando, per spostarci, usavamo la bicicletta. Ora solo automobili, e noi seduti, televisione, computer: sempre immobili. Diventiamo deformi e flaccidi e non ce ne accorgiamo, bombardiamo il nostro cervello di chimica posturale e non capiamo quanto questo sia deleterio, e ci svegliamo acciaccati e stanchi (quando dormiamo) senza renderci conto che siamo solo noi i responsabili.


Perché non cercare quindi di riprenderci l’equilibrio?

giovedì 19 dicembre 2013

ARTRITE REUMATOIDE E MICROBIOTA

Vi riporto questo breve articolo per sottolineare come l'equilibrio con il nostro microbiota sia sempre più da considerare come un passaggio da prendere in seria considerazione. Non è un caso che, a spiegare anche malattie sinora definite autoimmuni, oggi si incominci a considerare il ruolo dei batteri "buoni" e di un eventuale squilibrio con quelli "cattivi". Questo ci porta a valutare il loro ruolo, come la loro influenza con il sistema immunitario in modo diverso e pregnante.


Researchers have linked a species of intestinal bacteria known as Prevotella copri to the onset of rheumatoid arthritis, the first demonstration in humans that the chronic inflammatory joint disease may be mediated in part by specific intestinal bacteria. The new findings by laboratory scientists and clinical researchers in rheumatology at NYU School of Medicine add to the growing evidence that the trillions of microbes in our body play an important role in regulating our health.
Using sophisticated DNA analysis to compare gut bacteria from faecal samples of patients with rheumatoid arthritis and healthy individuals, the researchers found that P. copri was more abundant in patients newly diagnosed with rheumatoid arthritis than in healthy individuals or patients with chronic, treated rheumatoid arthritis. Moreover, the overgrowth of P. copri was associated with fewer beneficial gut bacteria belonging to the genera Bacteroides.
"Studies in rodent models have clearly shown that the intestinal microbiota contribute significantly to the causation of systemic autoimmune diseases," says Dan R. Littman, MD, PhD, the Helen L. and Martin S. Kimmel Professor of Pathology and Microbiology and a Howard Hughes Medical Institute investigator.
"Our own results in mouse studies encouraged us to take a closer look at patients with rheumatoid arthritis, and we found this remarkable and surprising association," says Dr. Littman, whose basic science laboratory at NYU School of Medicine’s Skirball Institute of Biomolecular Medicine collaborated with clinical investigators led by Steven Abramson, MD, senior vice president and vice dean for education, faculty, and academic affairs; the Frederick H. King Professor of Internal Medicine; chair of the Department of Medicine; and professor of medicine and pathology at NYU School of Medicine.
"At this stage, however, we cannot conclude that there is a causal link between the abundance of P. copri and the onset of rheumatoid arthritis," Dr. Littman says. "We are developing new tools that will hopefully allow us to ask if this is indeed the case."
NYU Langone Medical Center

sabato 7 dicembre 2013

MESSI AL BANDO GLI ACIDI GRASSI TRANS

Di recente l'FDA ha messo al bando gli acidi grassi trans (grassi idrogenati), questo perché:


  • rallentano il metabolismo
  • aumentano l'infiammazione
  • abbassano il colesterolo buono
  • aumentano il colesterolo cattivo
  • provocano diabete, obesità, attacchi cardiaci, ictus, demenza, cancro e infiammazione

Un acido grasso trans (o informalmente grasso trans) è un acido grasso insaturo, cioè contenente uno o più doppi legami di isomeria trans tra due atomi di carbonio. Possiede in genere un punto di ebollizione e fusione più elevato rispetto all'isomero cis poiché la catena risulta più lineare.

Normalmente i grassi non saturi naturali si trovano normalmente nella forma cis. E’ tramite il processo di raffinazione degli oli vegetali, (portati a termine con alte temperature), che può introdurre una percentuale di grassi trans.
Basti a questo punto pensare che le temperature ottenute nei processi di raffinazione si ottengono facilmente anche friggendo per qualche decina di minuti un olio vegetale. Proprio per questo motivo i fritti con oli vegetali ricchi di grassi polinsaturi sono comunque dannosi.

Esprimendoci più completamente:
  •       Abbassano il colesterolo HDL e alzano quello LDL
  •       Alzano la concentrazione della lipoproteina A
  •       Abbassano il valore biologico del latte materno
  •       Causano un basso peso dei bambini alla nascita
  •       Aumentano i livelli di insulina in risposta a un carico glicemico
  •       Interferiscono con la risposta immunitaria diminuendo l’efficienza della        risposta delle cellule B e aumentando la proliferazione delle cellule T
  •       Diminuiscono il livello di testosterone
  •       Inibiscono alcune reazioni enzimatiche fondamentali (come quella della  d-6-desaturasi)
  •      Alterano la permeabilità e la fluidità delle membrane cellulari
  •       Alterano la costituzione e il numero degli adipociti (cellule di deposito del grasso)
  •       Interferiscono con il metabolismo degli acidi grassi essenziali omega-3
  •       Incrementano la produzione di radicali liberi.
Dove si trovano:
  Oli di semi
  Alimenti fritti in oli di semi
  Margarine
  Prodotti da forno a lunga conservazione
  Dolci a lunga conservazione

In conclusione: leggere sempre attentamente le etichette degli alimenti che acquistiamo e non solo i "bugiardini" dei farmaci!

giovedì 28 novembre 2013

Nutrigenomica ed Epigenetica: Jeffrey Bland PhD "Epigenetica e Nutrigenomica:il ...

Consiglio, a chi comprende almeno un po' l'inglese (ma ci sono le diapositive), di guardare questo video del padre della Medicina Funazionale, che ci presenta uno sguardo verso il futuro della medicina, da comprendere e percorrere nei prossimi anni. Si tratta di un intervento al Congresso di Epigenetica e Nutrigenomica tenutosi a Milano circa un mese fa e del quale ero Moderatore. Quanto si afferma  è perfettamente corrispondente al pensiero scientifico di chi cura questo Blog che, anche con il vostro contributo di partecipazione, pensa di poter cambiare il modo di avvicinarsi alla salute! Buon ascolto!

Nutrigenomica ed Epigenetica: Jeffrey Bland PhD "Epigenetica e Nutrigenomica:il ...: Presentazione del biochimico americano, padre della medicina funzionale, Jeffrey Bland PhD al congresso Epigenetica e Nutrigenomica" te...

UNA DIETA RICCA DI GRASSI NON TI RENDE PIU’ GRASSO, ANZI!

Se state meditando cosa tagliare dalla vostra alimentazione perché la ritenete squilibrata o perché pensate di avere qualche chilo in più e volete eliminarlo, non siete i soli. Ma qui vorrei porre l’accento su un aspetto fondamentale: non sono i grassi che vi rendono grasso o malato.
La credenza che i grassi alimentari facciano male e provocano attacchi cardiaci iniziò qualche decina di anni fa con lo studio chiamato “delle sette nazioni” condotto dal Dr. Key che esaminò il rischio di malattie cardiache su due parametri: stile di vita e abitudini alimentari.
Riscontrò che in quei paesi nei quali la gente mangia più grassi, specialmente grassi saturi, si verificavano più episodi di attacchi cardiaci, per cui concluse che i grassi provocano la malattia.
Ma il problema di questo, come di tanti studi è che trovare una correlazione non significa trovare la causa. Il fatto che in una popolazione sia una alimentazione ricca di grassi, sia le malattie cardiache si presentino con frequenza elevata non significa che le cardiopatie sono causate dal consumo di grassi. Sarebbe come dire che poiché ogni giorno vi svegliate, e anche il sole sorge, è il vostro risveglio a provocare l’alba (anche se i due eventi avvengono contemporaneamente, è evidente che uno non è la causa dell’altro, anche se uno studio troverebbe una correlazione del 100%).
A causa di studi come quello del Dr. Key  noi abbiao cominciato a credere che i grassi saturi provocano le cardiopatie. Oggi cominciamo a conoscere che il vero elemento negativo è costituito dagli zuccheri e non dal grasso. Due articoli molto significativi sono comparsi di recente: una revisione della letteratura pubblicata su American Journal of Clinical Nutrition nel 2010 e un recente editoriale del British Journal of Medicine, che evidenziano, entrambi, come vada sfatato il mito che i grassi provochino obesità e cardiopatie.
In questi articoli viene sottolineato come sia vero che diminuendo i grassi saturi nella dieta si può abbassare il colesterolo totale, ma che questo avviene a spese del colesterolo LDL, il colesterolo buono, leggero e flottante che non è un problema. Quando si riducono troppo i grassi nella dieta, le persone tendono a mangiare più amidi e zuccheri e questo aumenta i livelli di colesterolo pericoloso, quello piccolo, HDL, più denso e aggressivo, come sembrerebbe anche evidenziato dagli studi EPIC e IDEAL che rovesciano le precedenti credenze, e che provoca gli attacchi cardiaci.
Infatti, gli studi evidenziano come il 75% delle persone che finisce in pronto soccorso, per un attacco cardiaco, presenta livelli normali di colesterolo.
Quello che invece hanno di certo è un diabete tipo II o un prediabete. Quale può essere la conclusione? Una alimentazione che contenga grassi e proteine di buona qualità può prevenire e anche riportare a normalità situazioni di diabete o prediabete (diabesity) e mangiare invece zuccheri o carboidrati causa diabesity (come sottolineato in un post precedente in questo blog).
Proviamo allora a guardare ai grassi in modo diverso: mangiatene pure purché siano “grassi buoni”.
Quali sono i grassi buoni?
  •      Avocado
  •       Noci, quasi tutte ma non le arachidi, come rilevato dal recente articolo del New England Journal of Medicine ove si evidenzia che mangiare una manciata di noci al giorno riduce la mortalità, per tutte le cause, cancro del pancreas incluso, del 20%.
  •       Semi di girasole, lino, chia, sesamo, canapa, zucca
  •       Pesci grassi come il salmone selvaggio, sardine, aringhe, alici tutti ricchi in omega3
  •       Olio di oliva extravergine (ci sono studi che evidenziano una riduzione delle cardiopatie nei consumatori di un litro a settimana)
  •       Potete anche mangiare, limitatamente, prodotti animali allevati in modo sostenibile, come indicato nella guida dell’Environmental Working Group’s Meat Eater’s Guide
  •      Potete anche mangiare grassi saturi come il burro extravergine di cocco, che è un grasso vegetale pieno di benefici. Nutre i mitocondri dando energie, ha proprietà antinfiammatorie e non altera il colesterolo. 
Infatti può pure aiutare a risolvere questi problemi e ci sono pazienti diabetici che mostrano notevoli miglioramenti con una dieta ricca in grassi. Questo è stato riconosciuto anche dai ricercatori del Joslin Diabetes Center che sostengono che i suggerimenti dell’American Diabetic Association di ridurre i grassi alimentari si sono tradotti, di fatto, in un peggioramento del diabete. Gli ultimi dati in tal senso, suggerirebbero, per i diabetici una dieta contenente il 30% di grassi, 30% di proteine e il 40%  di vegetali a basso contenuto di amidi e frutta (come fonte di carboidrati). Esattamente il contrario di prima.

Per cui il messaggio da assimilare è: i grassi non vi rendono grassi (ovviamente le calorie totali e il poco esercizio fisico sì). Gli zuccheri vi rendono grassi. Mangiare grassi di buona qualità può aiutarvi a mantenere uno stato ottimale di salute, per cui non ne abbiate paura, sceglieteli bene, mangiate soprattutto, se non esclusivamente, alimenti freschi e non conservati e non preoccupatevi!

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