venerdì 28 marzo 2014

I FUNGHI MEDICINALI

L’uso dei funghi medicinali sta, negli ultimi decenni, diventando sempre più diffuso, sia da parte di medici, nutrizionisti e naturopati, sia da parte dei pazienti stessi che stanno apprendendo l’uso alimentare, tradizionale e antico dei funghi che è quello di migliorare qualità e assimilabilità dei cibi.
Molto interesse verso le possibilità terapeutiche di alcuni funghi è stato generato da ricerche scientifiche prodotte in rapida successione in vari paesi del mondo: dal Giappone agli Usa, dalla Cina all’Inghilterra, dal Brasile alla Corea.
Da queste ricerche emergono dei dati univoci e certi: i funghi medicinali in toto, parti di essi o i loro estratti hanno vari effetti benefici a livello organico.In particolare la maggior parte dei funghi medicinali agisce, sia in generale, sia in maniera specifica su:
• metabolismo glucidico e lipidico
• chelazione di metalli pesanti
• riequilibrio del sistema immunitario
• antagonismo delle spinte anomale di crescita cellulare
E’ quindi ormai chiaro che i funghi non velenosi, pur essendo spesso semplici alimenti, possono sostanzialmente aiutare i pazienti in patologie per le quali la medicina ufficiale non offre ancora proposte terapeutiche semplici o prive di effetti collaterali. Tra queste patologie possiamo includere: diabete, ipercolesterolemia, aterosclerosi, cancro, virosi di vario tipo (epatite C, HPV, Herpes virus, Epstein virus ...), asma, allergie, etc.
Va sottolineato che, mentre sono noti a molti i benefici dell’alimentazione a base di funghi medicinali, non tutti i funghi che si trovano sul mercato hanno chiari effetti terapeutici.
In effetti, solo un numero ristretto di funghi, usati in un certo modo e a certi ben definiti dosaggi, ha un effetto terapeutico chiaro, com’è dimostrato da moltissimi lavori scientifici, sulle patologie croniche, in particolare se correlate a un deficit immunologico.
Pertanto non è sempre facile capire il ruolo dei funghi medicinali in terapia se non s’individuano alcune chiavi di lettura che possono derivare sia dalla Medicina Tradizionale Cinese sia dalla ricerca clinica convenzionale.
Il primo punto da considerare in una seria prospettiva di micoterapia scientifica è la chiara relazione esistente tra metodi di produzione e qualità ed efficacia del fungo terapeutico. Nulla deve essere lasciato al caso e quindi momenti cruciali saranno:
• scelta e selezione delle spore
• terreno di semina
• momento di raccolta
• momento e modalità di preparazione
• stoccaggio del prodotto finito
La maggior parte dei lavori scientifici parla di funghi somministrati con acqua calda o di uso clinico di estratti acquosi dei funghi stessi. Tutto ciò è anche in accordo con le regole d’uso dei funghi terapeutici da parte della tradizione medica orientale. Tuttavia l’esperienza di molti clinici, me compreso, ha portato ormai alla convinzione che i funghi medicinali possono essere usati in diverse forme e preparazioni. Le indicazioni cliniche per ogni fungo, sono ovviamente le stesse ma modalità e tempi di somministrazione, oltre che il dosaggio vanno adattati a seconda che si usino le spore, il fungo intero, il micelio o l’estratto acquoso od alcolico. Quindi, un ulteriore e fondamentale punto da considerare è la corretta comprensione dell’etichetta con cui è venduto il fungo terapeutico. Essa deve descrivere:
• l’esatto tipo di fungo contenuto nella confezione
• la parte del fungo impiegata (fungo intero, spore, micelio, estratto)
• l’esatta quantità del fungo in ogni singola dose
• l’eventuale presenza di additivi, addensanti o altro
Queste informazioni ci permettono di individuare il prodotto più adatto ad affrontare una determinata patologia.

Spesso, infatti, le indicazioni e la posologia saranno diverse nella fase terapeutica di attacco o di mantenimento. Poiché oggi si conoscono con una certa precisione i dosaggi necessari per le varie fasi delle diverse patologie croniche, tutte queste informazioni sono cruciali per una corretta impostazione terapeutica. In questo breve lavoro cercherò di dare informazioni dettagliate ma semplici sui principali funghi medicinali, in modo che, sia il medico che il paziente possano capire il meccanismo di azione, indicazioni, dosaggi, indicazioni terapeutiche e limiti dell’impiego medico dei funghi terapeutici.

LA NATURA DEI FUNGHI


I funghi hanno un ruolo essenziale nell’equilibrio del mondo in cui viviamo. Essi sono coinvolti nella degradazione e nel riciclaggio della materia vivente e sono essenziali per rendere nuovamente biodisponibili i prodotti del catabolismo di piante e animali. Possiamo dire che grazie alla digestione enzimatica dei funghi, piante e animali morti, ritornano ai loro elementi primitivi che poi sono resi disponibili per nuove forme di vita. In particolare i funghi assorbono e rendono nuovamente biodisponibili i minerali costituendo una sorta di connessione tra il mondo minerale inanimato e il mondo vivente. Gran parte dell’humus, che poggia sulla crosta rocciosa della Terra e solo sul quale possono crescere le piante e svilupparsi gli animali, è costituito da funghi. Il loro grande tropismo per i minerali li rende anche atti ad assorbirli da strutture rocciose e quindi essi rappresentano sulla Terra l’essenziale anello di passaggio dalla vita inanimata a quella animata. Vi sono almeno 700 specie di funghi che possono essere ritenuti utili come cibo, da parte dell’uomo.
Molti di questi funghi hanno anche un importante ruolo terapeutico nella prevenzione e nel trattamento di svariate patologie. In realtà il ruolo in medicina di questi funghi è un fatto secondario, essi sono prima di tutto degli alimenti e come molti altri cibi hanno anche un valore terapeutico.
Ebbene, in alcuni funghi mangerecci tale valore terapeutico è così elevato da farne armi utilissime anche in patologie gravi. Quello che normalmente è ritenuto il fungo altro non è che il corpo fruttifero del fungo stesso.
Esso rappresenta quella parte del fungo che cresce sopra il suolo ed ha lo scopo di rilasciare le spore, parte fondamentale del ciclo riproduttivo.Alcuni funghi non sviluppano un corpo fruttifero e rilasciano le loro spore senza questo passaggio vegetativo. Le spore fungine sono trasportate dal vento e dall’acqua.
Quando arrivano in un ambiente favorevole esse germinano e danno vita ad una nuova colonia. Il primo stadio della formazione di un fungo consiste nell’emergere di filamenti chiamati ife, dalle spore germinate. Le ife originali iniziano a crescere nel terreno cercando altre ife compatibili con cui accoppiarsi. Dopo l’accoppiamento, le ife si espandono in tutte le direzioni, colonizzando il suolo circostante o invadendo alberi morti. La complessa rete interconnessa d’ife si chiama: micelio. Il micelio progressivamente cresce e si espande, vicino alla superfice o su legno in decomposizione.
Il corpo fruttifero che noi vediamo sulla superfice del terreno o sui tronchi, non è altro che micelio compattato che si espande fuori dal terreno tipicamente in primavera ed in autunno dopo le piogge stagionali. I funghi si collocano alla base della scala evolutiva ma, quasi similmente agli esseri umani, hanno un efficiente apparato immunitario capace di proteggerli contro una gran quantità di patogeni.
Durante la fase micelio i funghi digeriscono attivamente il cibo emettendo enzimi digestivi che degradano le sostanze organiche in decomposizione. Tuttavia prima che il cibo digerito possa essere assorbito dalle loro cellule ed utilizzato, i funghi devono inattivare tossine e contrastare agenti patogeni.
Quest’obiettivo viene raggiunto rilasciando speciali polisaccaridi ed altre sostanze chimiche all’interno delle cellule dove entrerà il cibo. Nel corso di questo processo sono sintetizzate molte di quelle sostanze che si sono rivelate importantissime per stimolare o sostenere l’apparato immunologico umano.

Standardizzazione
Sembra a tutt’oggi esserci una grande confusione nella standardizzazione degli estratti di funghi. Per comprendere al meglio il problema, dobbiamo prendere in rassegna l’uso dei funghi terapeutici da parte della Medicina Tradizionale Cinese e le conferme scientifiche sulle proprietà terapeutiche dei funghi fornite dalla ricerca scientifica moderna. Solo fondendo queste due prospettive riusciremo ad avere una nozione sufficientemente chiara di questa complessa materia. Il punto di incontro è lo studio degli estratti in acqua calda.

Uso Tradizionale
Nella tradizione medica cinese i funghi sono stati sempre impiegati sotto forma di thè, di bevanda, di estratti acquosi. L’estrazione è stata fatta sempre usando la polvere di funghi per preparare dei thè o dei decotti. Nel preparare un decotto, la polvere o il fungo intero sono bolliti lentamente in acqua per un tempo che va dai 20 ai 120 minuti. Questo procedimento non deve essere confuso con la preparazione di un’infusione nella quale l’acqua calda è semplicemente versata sulla polvere. Qualsiasi cultore della Medicina Tradizionale Cinese confermerà che il decotto è il modo tradizionale ma anche più efficace per preparare funghi medicinali a effetto tonico o immunostimolante.

Ricerca Moderna
Facendo una revisione della letteratura scientifica sui funghi medicinali, è facile evidenziare come la maggior parte delle esperienze scientifiche si riferisca proprio all’uso di estratti con acqua calda o con acqua calda ed alcool. Questo metodo è usato per quasi tutti i funghi medicinali, inclusi coriolus, shiitake, maitake, cordyceps, ganoderma e reishi. L’estrazione con acqua calda è anche alla base di tutte le preparazioni derivate, come Lentinano e LEM dallo shiitake, Maitake D-Fraction e MaitakeGold 404® dal maitake, e PSK/VPS e PSP dal Coriolus versicolor. Tuttavia recenti ricerche, soprattutto cliniche, condotte quindi sull'uomo hanno dimostrato l'opportunità dell'uso del fungo intero per sfruttare al massimo tutte le molteplici proprietà terapeutiche, in parte ancora sconosciute, del fungo stesso. Del resto si è visto come, anche in fitoterapia, l'impiego della pianta in toto, sia preferibile all'impiego di sue parti od estratti. Se invece si vogliono sfruttare le proprietà enzimatiche del fungo, sarà preferibile usare il micelio, parte più ricca in assoluto, appunto in enzimi.

Quindi, riassumendo, potremo dire che, è indicato l'uso di:

• Estratti di funghi: in caso di patologie gravi e avanzate quali cancri o virosi conclamate
• Preparati del fungo intero: in molteplici situazioni cliniche comuni e in caso di terapia d’appoggio a patologie organiche degenerative
• Preparati del micelio: in caso si richieda uno stimolo immunologico
• Preparati delle spore: in caso di patologie allergiche e infiammatorie

Peculiarità della Preparazione dei Funghi Medicinali
Molte delle nozioni che si applicano alla preparazione dei farmaci derivati da piante non si applicano alle preparazioni di funghi, che peraltro non sono piante ed hanno una struttura completamente diversa dai vegetali. Punto essenziale è che i vegetali hanno una parete cellulare di cellulosa mentre i funghi hanno una parete cellulare di chitina. La chitina è la stessa sostanza che si trova nell’esoscheletro dei crostacei, quali aragoste e granchi. Questo dato è molto importante, giacché la chitina non è digeribile da parte degli esseri umani. L’estrazione con acqua calda tende a rendere più facilmente degradabili queste strutture facilitando l’assorbimento delle sostanze contenute nei funghi da parte dell’essere umano. Ne deriva che anche se normalmente potremo usare polvere del fungo intero o del micelio, in alcuni pazienti particolarmente gravi o non responsivi o con particolari problemi digestivi, è utile, in seconda battuta, passare all’uso degli estratti acquosi dei funghi medicinali. Secondo alcuni autori l’estrazione in acqua calda è il solo metodo provato essere valido per rompere le pareti cellulari di chitina e permettere il rilascio dei polisaccaridi bioattivi strutturalmente intatti e non danneggiati. Questo è tuttavia contraddetto dai lusinghieri risultati ottenuti nei pazienti dai terapeuti tedeschi, inglesi e statunitensi che usano correntemente funghi in toto o miceli dei funghi polverizzati.

I BETA-GLUCANI


I beta-glucani sono specifici e particolari polisaccaridi che si trovano soprattutto nelle pareti cellulari dei funghi medicinali. I polisaccaridi sono presenti sia nelle strutture vegetali sia nei tessuti animali ma quelli fungini sono molto più complessi dal punto di vista molecolare.
Diversamente dalle sostanze contenute nelle piante, che sono alla base dell’80% delle molecole utilizzate oggi in farmacologia, i polisaccaridi fungini, per la loro complessità strutturale, sono difficilmente sintetizzabili in laboratorio. I beta-glucani sono delle molecole a lunga catena o macromolecole, hanno forma spiraliforme e ripetono una sequenza fissa di zuccheri. La struttura a spirale e i legami tra le varie catene realizzano un complesso tridimensionale del tutto caratteristico. Il termine beta-glucano caratterizza il tipo di struttura molecolare che viene poi ulteriormente definito come beta,1-4 o beta,1-3 per descrivere le caratteristiche di legame della catena polisaccaridica. La struttura di glucosio chiave del beta-glucano è formata da sei atomi di carbonio, ognuno di questi può essere il termine della catena o l’inizio di una diramazione. I beta,1-3 glucani hanno legami che vanno dal primo al terzo atomo di carbonio, i beta,1-4, dal primo al quarto. Solo negli anni ’80, ricercatori dell’Università di Harvard hanno cominciato a capire l’importanza critica della dimensione e della struttura dei beta-glucani per la loro capacità di stimolo dell’apparato immunitario I ricercatori hanno osservato che le molecole polisaccaridiche dei funghi medicinali si legano con un classico meccanismo "lock and key" a recettori specifici situati sulla membrana dei macrofagi.
Il legame del beta Glucano con il recettore stimola la cellula macrofagica ma è fondamentale la specificità strutturale del ligando.
Questo è tuttavia contraddetto dai lusinghieri risultati ottenuti nei pazienti dai terapeuti tedeschi, inglesi e statunitensi che usano correntemente funghi in toto o miceli dei funghi polverizzati. Analoghi siti recettoriali sono stati individuati su altre cellule del sistema immunitario, quali i linfociti natural killer (NK) e i granulociti neutrofili. Successive ricerche hanno dimostrato che beta-glucani con diversa struttura molecolare evocavano diverse risposte immunitarie.

Questi risultati della ricerca di base aprono la strada ad un gran numero di applicazioni terapeutiche e rappresentano la spiegazione scientifica di quanto già osservato nella clinica con l’applicazione dei diversi funghi medicinali

martedì 25 marzo 2014

QUANDO CURATE LA CANDIDA...

Una sovracrescita  di funghi o lieviti può essere la risposta dell’organismo a una alimentazione sbagliata, o un sistema immunitario carente,  a difficoltà di digestione e uso di antibiotici. Il cibo poco digerito porta a putrefazione, riduzione di ossigeno e incoraggia la crescita di organismi patogeni. L’utilizzo di antibiotici distrugge il normale equilibrio della flora batterica intestinale e lascia campo aperto ai batteri “cattivi” e ai funghi. Ormoni e steroidi possono rendere questa condizione ancora peggiorativa. Un altro fenomeno importante è dato dal fatto che l’uso eccessivo di zuccheri semplici e di carboidrati raffinati (farine non integrali) costituisce la base di nutrimento per questi microorganismi, e in particolare per i funghi. Se il sistema immunitario è indebolito e non ci sono probiotici a sufficienza (i batteri “buoni”) per combattere i funghi, può cominciare una crescita non controllata che può provocare sintomi come il “leaky gut”.

In questo blog, mi rivolgo a specifici pazienti che sono o sono stati in trattamento per disbiosi fungine (una sovracrescita di funghi e/o lieviti), anche non gravi come la candidosi vaginale, che potrebbero osservare o avere osservato un peggioramento delle loro condizioni generali, dopo l'avvio di un programma per il controllo del microrganismo  Questo evento può risultare molto inquietante e scoraggiante, se non è conosciuto e compreso. Deve essere affrontato in modo efficace al fine di evitare il peggioramento dei sintomi. Descriverò alcune strategie per ridurre al minimo le probabilità di soffrire inutilmente da una reazione di Herxheimer (Moria).

La reazione di Jarish-Herxheimer si verifica quando grandi quantità di tossine vengono rilasciate nel corpo man mano che i batteri (normalmente del genere Spirochete, come Treponema pallidum, agente patologico della sifilide) muoiono durante una terapia antibiotica. Lo stesso può verificarsi in caso di presenza di lieviti del genere Candida quando vengono rilasciate le tossine dei lieviti che stanno morendo.
Normalmente la morte di questi batteri e l'associato rilascio di endotossine si verifica più velocemente di quanto il corpo riesca ad eliminare i rifiuti tossici. Si manifesta con febbre, brividi, cefalea, mialgia (dolori muscolari) ed esacerbazione di lesioni cutanee. L'intensità della reazione riflette, in genere, l'intensità dell'infiammazione presente.
Sintomi comuni di una moria di lieviti includono:
Senso di affaticamento, confusione cerebrale, disturbi gastrointestinali come nausea, eccesso di gas, gonfiore, diarrea o stipsi, febbricola, cefalea, mal di gola, prurito generalizzato, dolorabilità o dolore muscolare e articolare, sintomi simil-influenzali. Altri sintomi comprendono: sonnolenza continua, sudorazioni profuse, eritemi, irritabilità, rigidità articolare, o dolore muscolare. In soggetti predisposti con sintomi neurologici preesistenti quali iperattività, irritabilità, sbalzi di umore e difficoltà di concentrazione, tali sintomi possono temporaneamente intensificarsi.
I sintomi da moria di lieviti non rappresentano necessariamente segni di successo delle terapie. Possono invece dare indicazione che le cellule dei lieviti stanno morendo in grande quantità, e essere un indicatore del sovraccarico corporeo di tossine. A questo punto, infatti, vengono liberati più “veleni” di quanti il corpo sia in grado di gestire con i propri sistemi di disintossicazione, e i sintomi rappresentano un segno che le vie di eliminazione del sistema (fegato, reni e intestino) sono sovraccariche o bloccate (come nella stipsi  o nella congestione epatica).  
Se iniziate e condotte correttamente, le terapie per i problemi di salute correlati ai lieviti non comportano gravi reazioni da sovraccarico di tossine. Ricordate che pazienti con elevati livelli d’intossicazione da metalli pesanti possono presentare problemi più gravi in caso di sintomi da “moria”.

STRATEGIE PER MINIMIZZARE I DISTURBI E ABBREVIARE LA DURATA DELLE REAZIONI DA “MORIA”
  • Ridurre la dose di anti-fungini:  Alcuni pazienti devono sospenderli per alcuni giorni. In genere, sarebbe bene iniziare con le dosi di questi farmaci progressivamente, aumentandole gradualmente, per aiutare il paziente a non incorrere in sintomi da die-off (moria).
  • Enzimi: Aggiungere enzimi digestivi ai pasti può migliorare molto la digestione degli alimenti e limitare gli acidi grassi a catena corta putrefattivi. In questo caso vanno usati enzimi pancreatici e non enzimi di origine vegetale o fungina.
  • Idratatevi bene: Io raccomando 100-150 ml di acqua a temperatura ambiente (meglio riscaldata a temperatura corporea) ogni quarantacinque minuti, durante tutto il giorno. Anche acqua minerale può essere di aiuto!
  • Dormite quanto il corpo richiede: È assolutamente importante il sonno. In caso di reazioni tossiche, anche 8-10 ore di sonno per notte sono indispensabili.
  • Neutralizzare le tossine: Ci sono vari modi di neutralizzare le tossine fungine. Posso raccomandare molibdeno, biotina, pantetina, o prodotti di nutraceutica disintossicanti il fegato, che sono in grado di sostenere le funzioni dell'organismo deputate a questo scopo. Anche il carbone attivato può essere di aiuto.
  • Alcalinizzare: Si possono tamponare le tossine assumendo agenti alcalinizzanti non appena compaiono i sintomi. Anche i comuni antiacidi possono essere di aiuto, ma anche semplicemente del bicarbonato; e bere acqua minerale può incrementare l’effetto.
  • Antiossidanti: Supplementare con un quantitativo extra di antiossidanti per contrastare le reazioni ossidative create dalle tossine. È consigliabile utilizzare vitamina C, vitamina E e/o A, acido alfa-lipoico o N-acetilcisteina.
  • Sauna & bagni: Se avete possibilità di utilizzare una sauna, cominciate lentamente (15 minuti per ogni seduta) sfregando tutte le superfici cutanee con una spazzola rigida e facendo una doccia immediatamente dopo. Un altro regime detossificante molto utile sono i sali di Epsom - utilizzarne 3-4 tazze dentro un bagno caldo e immergersi per 20 minuti ogni sera prima di coricarsi. 
  • Mantenete l’intestino in movimento :  Se non le eliminate, le tossine della moria verranno riassorbite, per cui dovete tenere regolare il vostro intestino a ogni costo, soprattutto se soffrite di stipsi.

Alcuni rimedi per la stipsi (da utilizzare solo in situazioni come questa):
  • Usate magnesio citrato  500-1000 mg al giorno, regolando la dose finché non otterrete evacuazioni normali, una o più volte al giorno. Potete pure aggiungere acido l-ascorbico (vitamina C) 5-10 grammi al giorno (il dosaggio massimo che riuscite a tollerare (dà diarrea se in eccesso).
  • Iniziate la vostra giornata con un bel bicchiere di acqua calda (250 ml).
  • Provate anche a assumere 3-4 cucchiai da tavola di olio di oliva extravergine a stomaco vuoto e lontano dai pasti.
  • Un altro accorgimento è quello di mettere 2 cucchiai da tavola colmi di semi di lino o di chia biologici in un bel bicchier di acqua, mescolare e lasciar riposare per 10 minuti. Poi bere a stomaco vuoto.



giovedì 20 marzo 2014

DODICI TRUCCHI PER MANTENERE IL VOSTRO CERVELLO IN SALUTE (E NON AMMALARSI DI ALZHEIMER)

La salute del cervello dipende anche da noi. Non si deve pensare che certe funzioni siano dei necessari automatismi. La perdita di memoria, come all'estremo la demenza, non sono parte normale del processo di invecchiamento dell'organismo, ma conseguenza di microinfiammazione cronica che, con gli anni, sarà causa di danno cellulare. La perdita di neuroni noi la avvertiremo come sintomi di decadimento psichico.
C'è molto che si può fare per prevenirla e curarla e qui cercherò di spiegare come, attraverso poche semplici regole:
  1.     Aggiungere olio di cocco alla vostra dieta. Sono presenti evidenze sempre più consistenti sul fatto che consumare regolarmente olio di cocco può garantire notevoli benefici nella lotta contro la malattia di Alzheimer. Uno dei primi carburanti che il cervello utilizza è il glucosio. Se il cervello sviluppa insulino-resistenza, la conseguenza è un’atrofia dovuta al digiuno. Ma se la vostra scelta sarà invece quella di limitare gli zuccheri e di mangiare invece grassi salutari, i chetoni possono nutrire il cervello ancor meglio che gli zuccheri e prevenire così distruzione di tessuto nervoso. I chetoni sono quelle sostanze che il corpo produce quando converte grasso in energia. Una delle fonti migliori di corpi chetonici sono i trigliceridi a catena media (MTC) che si trovano nell’olio di cocco.
  2.       Limitare gli zuccheri nell’alimentazione, specialmente il fruttosio. Una dieta a basso contenuto di grassi è il modo SBAGLIATO di procedere perché, limitare i grassi negli alimenti confezionati, ha fatto sì che l’industria alimentare abbia aumentato invece gli zuccheri per mantenere i sapori. Oggi noi conosciamo che alimentarsi con una dieta ricca in zucchero e fruttosio potrebbe essere la cosa più dannosa che si fa contro cervello e cuore.
  3.     Ottimizzare la vitamina D. La vitamina D esercita alcuni dei suoi effetti benefici anche sull’Alzheimer, mediante le sue proprietà antinfiammatorie e di stimolazione del sistema immunitario. Quantità adeguate di vitamina D sono essenziali per un buon funzionamento del sistema immunitario per combattere l’infiammazione che è associata con l’Alzheimer. Oggi si ritiene che livelli ottimali di vitamina D siano in grado di aumentare la quantità di fattori chimici e neurotrasmettitori nel cervello e protegga le cellule nervose aumentando l’efficacia delle cellule gliali nel prendersi cura dei neuroni danneggiati riportandoli in salute.
  4.     Dovete mantenere i valori d’insulinemia a digiuno sotto 3. Questi sono indirettamente legati al fruttosio, e potrebbero portare direttamente all’insulino-resistenza. Ricordare che l’esercizio fisico aumenta la sensibilità all’insulina più di qualsiasi farmaco. Perciò ricordarsi di affidarsi a una serie di esercizi di routine per almeno trenta minuti al giorno per cinque volte la settimana.
  5.     Assumere integratori di buona qualità a base di olio di pesce. Un’assunzione elevata di grassi omega-3 EPA e DHA aiuta a ridurre l’infiammazione e a prevenire il danno cellulare provocato dalla malattia di Alzheimer, rallentandone la progressione e abbassando il rischio di sviluppare quest’affezione. La buona qualità significa meno inquinamento, maggiore purezza e giusto rapporto EPA DHA.
  6.     Vitamina B12. Utile per prevenire l’atrofia cerebrale e in grado anche di contrastare la perdita di memoria presente nell’Alzheimer. A mano a mano che invecchiamo, siamo sempre meno in grado di assorbire quantità adeguate di vitamina B2 dalla dieta. È consigliabile assumere B12 sottolinguale o in forma liquida, almeno 1000 mcg in aggiunta al vostro regime.
  7.     Assumete anche folati! La vitamina B12 e i folati agiscono in sinergia per mantenere cervello e sistema nervoso in salute. Un modo efficace è quello di aggiungere cavolo crudo o spinaci a un frullato mattutino.
  8.     Evitare mercurio o alluminio. Gli amalgama per otturazioni dentarie, che contengono circa il 50 per cento in peso di mercurio, sono una delle fonti principali di tossicità da metalli pesanti. Comunque, dovete stare bene prima di rimuoverli. Evitate l’alluminio, contenuto in certi antisudoranti, pentolame anti-aderente, o nei vaccini come conservante.
  9.     Gingko biloba. Parecchi studi hanno dimostrato che il gingko biloba ha effetti positivi sulla demenza, aumentando le capacità cognitive e la socializzazione di coloro che già ne soffrono.
  10.     Mangiate i vostri “blu”!. I mirtilli selvatici contengono antocianina e altri antiossidanti che proteggono dall’Alzheimer e altre malattie neurologiche.
  11.     Mantenete la vostra mente esercitata ogni giorno. Molti ricercatori sostengono che l’esercizio mentale ricostruisce le connessioni nervose e rinforza il cervello, rendendolo meno suscettibile alle lesioni associate con la malattia di Alzheimer.
  12.     Evitate farmaci anticolinergici o le statine. I farmaci che bloccano l’acetilcolina, un neurotrasmettitore del sistema nervoso, è dimostrato aumentino il rischio di demenza. Questi farmaci comprendono alcuni antidolorifici notturni, antistaminici, aiuti per il sonno, certi antidepressivi, farmaci contro l’incontinenza e certi narcotici antidolorifici. L’utilizzo di statine è stato dimostrato correlare con aumentato rischio di sviluppare demenza.
    L'ultima raccomandazione non è numerata, ma altrettanto importante: tutte le volte che potete cercate di essere felici, e, questa felicità cercatela. Sembra difficile, ma basta allenarsi a riconoscerla nelle piccole cose della vita. Un fiore appena sbocciato, un tramonto, una carezza. E saperle apprezzare.
    Buona salute!




lunedì 17 marzo 2014

VITAMINA D E LEAKY GUT - BASSI LIVELLI DI VITAMINA POSSONO ESSERNE LA CAUSA?


Bassi livelli di vitamina D aumentano il rischio di malattia?

Avete probabilmente sentito dire molte volte che la vitamina D è importante. Più spesso, le informazioni riguardano l’associazione con l’osteoporosi o con una perdita di densità ossea, in caso di carenza.
Ma quello che non viene divulgato frequentemente è che i recettori per la vitamina D (VDR = Vitamin D Receptors) sono comunemente presenti in tessuti come cuore, pelle, cervello, rene, cellule del sistema immunitario, mammella e prostata.
La vitamina D va ben oltre un interessamento della salute dell’osso. Quando è carente è stata associata a malattie gravi renali, cardiache, cancro, infiammazione e leaky gut (o sindrome da alterata permeabilità intestinale SAPI). Se ci pensante, poche sono le aree del vostro corpo nelle quali la vitamina D non sia coinvolta.

Una piccola informazione: la vitamina D non è in realtà una vitamina, ma un ormone, prodotto dall’organismo dalla combinazione della luce solare e colesterolo. Solo allora, nel suo stato che si chiama D3, è attivata nel fegato e nel rene nella sua forma attiva che è chiamata calcitriolo.

Qual è il vero ruolo della vitamina D?

La vitamina D, come già detto, mantiene la solidità dell’osso. Perciò, se carente, ne risultano osteoporosi o perdita di densità dell’osso.
La vitamina D attiva le cellule NK (natural killers); una bellissima arma di difesa del sistema immunitario che uccide “i cattivi”, sia che siano virus o batteri, sia cellule tumorali. Ad esempio, un trucco molto efficace per la prevenzione della sindrome influenzale è verificare che i livelli ematici di vitamina D siano ottimali.
La vitamina D influenza la funzione del sistema “di barriera” nel tratto digestivo. Il deficit di vitamina D è stato associato con il leaky gut, e, attraverso questo, alle malattie autoimmuni e altre malattie degenerative. Qualunque cosa provochi leaky gut dovrebbe essere corretta urgentemente.
Infiammazione e vitamina D sono intimamente correlate. Oggi sappiamo che uno stato d’infiammazione cronica è l’iniziatore di gran parte delle malattie degenerative che cerchiamo invece di evitare, comprese le cardiopatie, arteriosclerosi, disturbi circolatori cerebrali, cancro, allergie, malattie autoimmuni, diabete e obesità, per nominare le più frequenti. La vitamina D è un antinfiammatorio, e questo rappresenta un altro buon motivo per essere sicuri che i suoi livelli siano normali. L’esplosione di un’infiammazione (anche di basso grado) deve essere impedita per prevenire e/o guarire queste condizioni patologiche. La vitamina D è in gradi di fare questo, ma deve essere presente in quantità sufficienti per poter adempiere a questo compito molto importante.

La carenza di vitamina D aumenta il rischio di cancro della mammella di 6 volte

Uno studio molto recente, nel numero di luglio 2013 dell’American Journal of Clinical Nutrition, ha riportato dati significativi sul maggior rischio di cancro della mammella nelle donne con livelli bassi di vitamina D nel sangue. Bassi livelli di vitamina D sono fraequenti nei paesi nei quali c’è bassa esposizione al sole per via del clima, abbigliamento o aumentata pigmentazione cutanea. Tutti fattori che agiscono riducendo la produzione di vitamina D. Paragonando le donne con valori di vitamina D inferiori a 10 ng/mL a donne i cui livelli erano maggiori di 20 ng/mL, il rischio di cancro alla mammella era oltre sei volte maggiore. In una malattia che si sostiene abbia poche “relazioni causali”, questo studio dà alle donne qualcosa che possono davvero fare per diminuire il rischio di questa malattia devastante.

La vitamina D provoca leaky gut?

L’alterazione della permeabilità intestinale (leaky gut) può essere provocata da molte cause, più spesso farmaci e sostanze chimiche e, ancor più spesso, dalla presenza di glutine nella dieta. Il grado e la cronicità di una permeabilità intestinale alterata possono indirizzare il corpo verso malattie autoimmuni, infiammazioni e altre malattie croniche degenerative. L'”intelligenza” dell'intestino che gli permette di aprire le sue porte al buon cibo digerito e di chiuderle contro le tossine, agenti patogeni e altro percepito come “cattivo” è davvero fantastica e una delle molte abilità sorprendenti del corpo umano. Ma quando quest'intelligenza è ostacolata, il risultato è la malattia. Un altro strumento contro l’aumento della permeabilità intestinale è la vitamina D. Si è scoperto che la vitamina D è necessaria per il sistema “gatekeeper” (di sorveglianza dalle intrusioni) del piccolo intestino e quando D è carente, il risultato è una riduzione dell’impermeabilità intestinale. Quando comprendiamo quanto la vitamina D sia intimamente collegata al sistema immunitario del corpo e al suo corretto funzionamento, non è forse una sorpresa che la vitamina D giochi un ruolo nel mantenere un intestino sano, conoscendo che in esso è alloggiato il 70-80% del sistema immunitario umano.
E non è una sorpresa scoprire che la vitamina D è frequentemente carente nei pazienti con malattia celiaca o ipersensibilità al glutine e in altre malattie croniche del sistema digestivo. È importante che tutti controllino i loro livelli di vitamina D, e questo è specialmente importante nei soggetti che già conoscono di avere un qualsiasi tipo di compromissione del sistema immunitario o digestivo.

Che cosa dovete sapere

Per prima cosa dovete eseguire un test sul sangue per conoscere come vanno i vostri livelli di vitamina D. Il nome del test è 25-idrossi vitamina D, un comune esame del sangue. Non c’è altro modo di indovinare quali siano i vostri livelli, l’esame va fatto per saperlo.
Una volta ottenuti i risultati, guardate quanto siano vicini a 50 ng/mL. Il valore di 50, per la maggior parte degli esperti, è quello che si avvicina di più al “minimo” accettabile, anche se il “Vitamin D Council” afferma che dovrebbe essere fra 60 e 80 ng/mL. Raramente la vitamina D può anche essere troppo alta, ma non è un problema ed è un fenomeno veramente raro.

Quale supplemento di vitamina D è il migliore

Se trovate valori bassi di vitamina D nel sangue o volete comunque essere sicuri di mantenere buoni livelli, potete fare le seguenti cose:
  1. Prendete un po’ di sole. Un po’ di luce solare vi farà bene. Non serve usciate a mezzogiorno, ma 20 minuti al giorno di esposizione alla luce solare con braccia e torace esposti e/o in pantaloncini corti (almeno il 20% della superficie della pelle) saranno sufficienti a produrre circa 10.000 IU (unità internazionali) di vitamina D, secondo il “Vitamin D Council”. Altri fattori da prendere in considerazione sono la latitudine nella quale vivete e il colore della vostra pelle. Più lontani siete dall’equatore, più difficile sarà avere un adeguato tempo di insolazione durante l’anno. Inoltre, toni più scuri di pelle non possono assorbire abbastanza UV (raggi ultravioletti), per convertire dosi adeguate di vitamina D. Per cui bisogna ricorrere al punto 2.
  2. Assumete supplementi di vitamina D3 (non D2) in un medium grasso. La vitamina D è liposolubile e così, se è veicolata da qualche cibo grasso viene meglio assorbita nell’intestino. In generale, pur non essendoci regole precise, si tende a somministrare 2000 IU di vitamina D3 per ogni 10 ng/mL di livello ematico della vitamina D che si vogliono aumentare. Il mantenimento può essere fra 2000 e 4000 IU, ma dipende dalla risposta soggettiva. È importante pertanto ricontrollare i valori ematici di vitamina D, per essere sicuri di avere raggiunto lo scopo.
  3. Un grave deficit può richiedere dosaggi ancor più elevati di vitamina D, per un certo periodo di tempo, fino a normalizzazione dei livelli, e alcuni pazienti possono aver bisogno fino a 50.000 IU o più, una o due volte alla settimana, per normalizzarsi. Si tratta di dosaggi elevati che non devono essere assolutamente assunti senza uno stretto controllo medico.
  4. Una carenza cronica che non risponde al trattamento, significa che l’assorbimento intestinale non funziona bene, soprattutto l’assorbimento dei grassi. Questo è un caso nel quale si richiede abilità clinica. In questo scenario, infatti, è inutile continuare a dare a un individuo più vitamina D, quando i livelli non stanno migliorando; è necessario scoprire perché non stanno migliorando. Nei pazienti con malattia celiaca, ipersensibilità al glutine o altri disordini del tratto digestivo, bisogna ricercare la guarigione mucosa in modo da garantire un normale assorbimento. Questo è un lavoro da medico.




Qui vi cito tre lavori clinici, della miriade esistente, giusto per dare un esempio della poliedrica attività positiva per l’organismo di questo ormone.

1.VITAMINA D E SALUTE VASCOLARE
Nephrology (Carlton). 2011 Dec 19.
Nutritional vitamin D supplementation in hemodialysis: a potential vascular benefit?
Assimon MM, Salenger PV, El-Fawal HA, Mason DL.

La somministrazione di vitamina D in pazienti sottoposti ad emodialisi si è rivelata particolarmente utile nel ridurre alcuni fattori promuoventi l'aterosclerosi come l'espressione di molecole di adesione vascolare e di citochine pro-infiammatorie.

2. LA VITAMINA D NEL SETTORE ODONTOIATRICO
Clin Oral Implants Res. 2011 Sep 5
The potential effects of cholecalciferol on bone regeneration in dogs.
Hong HH, Chou TA, Yang JC, Chang CJ.

Studio sperimentale odontoiatrico che dimostra come la supplemantazione con vitamina D e calcio possa risultare positiva nel favorire la rigenerazione ossea mandibolare e mascellare migliorando gli esiti della terapia chirurgica orale di implantoprotesi.

3.  VITAMINA D3 E SENSIBILITA' ALL'INSULINA
Transl Res. 2011 Nov;158(5):276-81. doi: 10.1016/j.trsl.2011.05.002. Epub 2011 Jun 7.
Vitamin D3 supplementation improves insulin sensitivity in subjects with impaired fasting glucose.
Nazarian S, St Peter JV, Boston RC, Jones SA, Mariash CN.

Studio che dimostra come la somministrazione orale ad alte dosi di vitamina D3 possa migliorare la sensibilità all'insulina in pazienti con alterata glicemia a digiuno, ritardando così la progressione di patologie metaboliche gravi come il diabete.