lunedì 30 settembre 2013

IL FEGATO GRASSO - AL CENTRO DELLA MALATTIA METABOLICA



Il fegato grasso è una condizione molto frequente nel mondo occidentale, probabilmente una delle più frequenti se si stima che negli Stati Uniti circa 90 milioni di americani ne siano affetti. Quelli che non tutti sanno, visto che è sempre stata considerata una condizione benigna e non evolutiva, è che  rappresenta un fattore di rischio maggiore per diabete, attacchi cardiaci e anche il cancro.
È chiamata NAFLD (non-alcoholic fatty liver disease), o fegato grasso (steatosi) ed è provocata, principalmente, dall’assenza di movimento e dai circa 70-100 Kg di zuccheri e farina di frumento che ingeriamo ogni anno,
Come si può riconoscere? Cosa la provoca? E, soprattutto, come si può risolvere? Si deve fare esercizio fisico, assumere farmaci, modificare la propria alimentazione o assumere integratori per risolverla?

Molti di voi probabilmente si stanno domandando cosa sia un fegato grasso (o fegato steatosico o steatosi epatica). Alcuni, sicuramente, avranno sentito parlare del foie gras. Foie gras è il termine francese per fegato grasso usato per descrivere una prelibatezza ottenuta dal fegato di anatra o di oca. Quello che succede ai fegati di questi animali come risultato della pratica controversa di nutrirli in eccesso è esattamente quello che potrebbe succedere al vostro fegato. Chi è affetto da questa condizione, in pratica, ha un fegato pieno di grasso che può diventare la causa di malattie croniche e di infiammazione ovunque nel corpo. Questa oggi si chiama sindrome metabolica o sindrome X (ipertensione, diabete, ipercolesterolemia, aumento del grasso addominale).
Negli Stati Uniti, ma non solo, il fegato steatosico rappresenta oggi la singola causa più frequente di malattia, e tuttavia la maggior parte delle persone non ne ha mai sentito parlare.
Cosa lo provoca?
Per provocare un fegato grasso le anatre e le oche sono ipernutrite di zuccheri sotto forma di mais o amidi; una pratica triste. Nel corpo questi zuccheri si trasformano in una fabbrica di grasso nel fegato, un processo noto come lipogenesi che rappresenta una normale risposta agli zuccheri. E il fruttosio, invero, accelera questo tipo di risposta.
L’elevata quantità di fruttosio ricavato dal mais che si trova in moltissimi alimenti confezionati rappresenta la causa principale della steatosi epatica. Le bevande in lattina, come Coca-Cola, aranciate ecc., che negli Stati Uniti rappresentano la maggior fonte di calorie, in America rappresentano la maggior causa di fegato grasso.
Come fare a sapere se il vostro fegato è grasso?
Ci sono esami del sangue che aiutano nella diagnosi, e lo si può riconoscere con una ecografia.  E se i vostri esami saranno alterati siete nelle peste. Ma anche se saranno normali potrà non significare nulla. L’ecografia è molto più sensibile.
La linea di demarcazione è data dal fatto di mangiare troppo zucchero e farina, se avete un po’ di grasso addominale, se siete sempre pieni di desiderio per gli zuccheri, amidi e glucidi in genere, per l’alcol, probabilmente questa è la vostra condizione.
Perché questo è un problema?
Il fegato grasso determina una serie di conseguenze. Provoca infiammazione nel corpo. Questa infiammazione provoca insulino-resistenza e una situazione di pre-diabete, che determina aumento dei depositi di grasso corporeo, non solo nel fegato, ma anche attorno agli altri organi e a livello addominale. 
Questo grasso addominale pericoloso determina, a sua volta, altri problemi. Aumenta i trigliceridi e diminuisce il colesterolo HDL (quello buono), aumentando quello LDL (cattivo) che predispone ad attacchi cardiaci.
Se avete un fegato steatosico dovete pensare ai danni che sta provocando. Se non volete finire con un fegato trapiantato, se non volte che la vostra vita diventi dipendente da farmaci per controllare le complicazioni del fegato steatosico come ipertensione, diabete, cardiopatie, e ipercolesterolemia, dovete andare alla radice del problema.

Come combattere un fegato grasso
Ci sono alcune semplici cose che si possono fare: modificando la propria alimentazione, aumentando l’esercizio fisico e utilizzando alcuni supplementi dietetici che aiutano a guarire il fegato steatosico.
  • Eliminare completamente tutti gli alimenti che contengono sciroppo di mais. Condimenti già preparati per insalate, ketchup o salsa di pomodoro (leggere le etichette), bevande con aggiunta di zuccheri ecc.
  • Ridurre o eliminare gli amidi. Con questo intendendo prevalentemente la farina bianca di frumento.
  • Aggiungere cose buone all’alimentazione. Frutta, vegetali, semi. Proteine animali magre come pollo e pesce. L’olio di oliva extravergine e spremuto a freddo ha effetto antinfiammatorio Tutti questi aiutano la riparazione del fegato.
  • Migliorare il metabolismo attraverso l’esercizio fisico. Questo migliora l’insulino-resistenza e riduce la steatosi epatica.
  • Utilizzare i supplementi giusti (ma sempre consigliati dal medico). Acido lipoico, un potente antiossidante e N-Acetyl-l-Cisteina.  Entrambi contribuiscono ad aumentare il glutatione nel fegato, una sostanza disintossicante che può essere rigenerata con l’aiuto di certi supplementi. Vitamine del gruppo B e magnesio, che aiutano la riparazione e guarigione del fegato.
  • Mangiare super-alimenti che hanno l’effetto di riparazione-guarigione. Focalizzarsi sulla famiglia dei broccoli, cavoli, cavolini di bruxelles, cime di rapa, friarielli, tutti efficaci. Aglio e cipolle sono pieni di zolfo, altro potente disintossicante. 
È una promessa. Se non volete un fegato grasso questo è possibile e allora il vostro fegato sarà più pronto ad aiutarvi ad avere a che fare con tutta la chimica e la sporcizia presente nell’ambiente. E se il vostro fegato starà bene,  anche il vostro corpo starà bene , non vi ammalerete e vi sentirete in pieno benessere.


sabato 21 settembre 2013

IMPORTANZA DEGLI OMEGA (ACIDI GRASSI LIBERI ESSENZIALI)



La misurazione degli Omega-3 nel sangue è oggi raggiungibile e rappresenta un test nuovo e molto importante. A differenza di molti altri test che possono risultare utili in una malattia o in un’area del nostro corpo, la misurazione degli Omega-3 fornisce informazioni su ogni cellula e organo, per cui può dirsi formalmente un “perfetto informatore dello stato di salute”.

Il bilancio corretto fra gli acidi grassi Omega-3 e Omega-6 è vitale per una salute ottimale; non è infatti possibile raggiungere una vera potenzialità di salute se questo equilibrio non è corretto. Come esseri umani, infatti, ci siamo sviluppati nutrendoci di una alimentazione ricca in Omega-3 provenienti dal mondo vegetale (noci soprattutto) e dal pesce, e tuttavia ci siamo di recente allontanati dalla nostra alimentazione tradizionale e sviluppato un disequilibrio negli acidi grassi essenziali, contribuendo così al sorgere di molte malattie dei tempi moderni.
Man mano che l’equilibrio si è spostato verso gli Omega-6, con un aumento dello stato di microinfiammazione diffusa, questo ha contribuito allo sviluppo di molte condizioni croniche di malattia come le cardiopatie, la depressione e l’artrite.
Molti studi clinici hanno dimostrato che correggendo questa alterazione degli Omega, si possono migliorare queste condizioni croniche, ma soprattutto la prevenzione ottimale e la cura per molte delle nostre malattie “legate al mondo occidentale” richiedono che il bilanciamento degli Omega sia corretto. La base della medicina e della nutrizione funzionale è costituita dal riconoscimento che i fattori alimentari sono fondamentali per l’ottenimento di un buon stato di salute.
Quello sugli Omega-3 è uno dei più efficaci di tutti gli approcci nutrizionali interventistici in quanto influenza direttamente la produzione di tutte le sostanze pro-infiammatorie, ormoni e espressione genica a livello cellulare. 

Migliorare la salute a tutto tondo

Le cellule costituiscono i mattoni di base che costruiscono il nostro corpo. Ser non sono in salute, allora i nostri organi, sistemi, corpi non possono essere in salute. L’equilibrio fra gli Omega è cruciale per la salute cellulare e un “Omega Test” è vitale per comprendere il fabbisogno individuale di Omega; un vero intervento di nutraceutica e non una semplice supplementazione. Uno degli aspetti più eccitanti della correzione degli Omega sul singolo individuo è l’impatto diffuso sullo stato generale di salute.
Riportando in equilibrio gli Omega, non solo si riduce il rischio di malattia cardiaca, ma si riducono i dolori articolari, migliora il tono dell’umore e, se in  menopausa, anche le vampate di calore. Un altro effetto è quello di migliorare la performance atletica, ma anche di ridurre incidenza e intensità degli attacchi d’asma. Invece di avere gli effetti collaterali dei farmaci, gli Omega-3 hanno benefici collaterali.

Ottenere il giusto equilibrio

Uno degli aspetti più attraenti del disequilibrio di acidi grassi Omega è dato dal fatto che, anche quando presente, può essere corretto anche solamente modificando alcuni aspetti della propria alimentazione, ovviamente con tempi più lunghi che utilizzando anche supplementazioni. Omega-6 sono presenti in molti alimenti che utilizziamo quotidianamente: cereali vegetali, prodotti caseari, uova, carne e gran parte degli alimenti “fast food”. Ridurre questi tipi di alimento nella dieta è assolutamente indispensabile per ottenere il giusto equilibrio; altrettanto importante è aumentare l’apporto di alimenti che contengono Omega-3, sotto forma di vegetali “verdi”, noci, mandorle e, in particolare, pesce azzurro e pesce “grasso” in generale, tipo salmone. Purtroppo per molte persone mangiare una quantità ottimale di presce ricco in Omega-3 può risultare difficoltoso, per cui preferiscono integrare la loro alimentazione con capsule di olio di pesce.
È desiderabile che l’assunzione giornaliera di Omega-3 sia almeno di 2000 mg, sotto forma di EPA+DHA, per cui, anche quando si assumono integratori, bisogna essere sicuri della quantità reale di questi acidi grassi presente, che dovrebbe essere comunque almeno del 60% per evitare di assumere troppe pillole e, con loro, un eccesso di grassi.

Diffondere la buona novella
È importante, una volta divenuti consapevoli, fare opera di proselitismo. In una società alimentarmente perversa, come quella nella quale ci situiamo, far comprendere che le nostre scelte di salute non sono “una moda” o una “piccolo mania”, ma una scelta consapevole di vita credo sia veramente importante, per la propria famiglia, per i propri amici e vicini e colleghi di lavoro. Far comprendere che esiste un singolo elemento nutritivo che è stato dimostrato ridurre le morti cardiache improvvise di circa il 45% 1, che è efficace almeno quanto il Prozac nella depressione2 che è un alimento essenziale per ridurre il dolore cronico articolare e muscolare e il rischio di cancro3, credo possa dare una bella soddisfazione.
È arrivato finalmente il momento di considerare con maggiore attenzione a nutrizione funzionale, parte integrante della Medicina Funzionale, per cui rivolgetevi serenamente a un esperto per essere guidati in questi “rivoluzionari” cambiamenti.

Bibliografia :
  1. GISSI-Prevenzione Investigators Dietary supplementation with n-3 polyunsaturated fatty acids and vitamin E after myocardial infarction: results of the GISSI-Prevenzione trial The Lancet, Volume 354, Issue 9177, Pages 447 – 455, 7 August 1999
  2. Jazayeri S, Tehrani-Doost M, Keshavarz SA, Hosseini M, Djazayery A, Amini H, Jalali M, Peet M Comparison of therapeutic effects of Omega-3 fatty acid eicosapentaenoic acid and fluoxetine, separately and in combination, in major depressive disorder. Aust N Z J Psychiatry. 2008 Mar;42(3):192-8
  3. Gago-Dominguez M, Yuan JM, Sun CL, Opposing effects of dietary n-3 and n-6 fatty acids on mammary carcinogenesis: The Singapore Chinese Health Study. Br J Cancer. 2003;89(9):1686-92., Roynette CE, Calder PC, Dupertuis YM, et al. Omega-3 polyunsaturated fatty acids and colon cancer prevention. Clin Nutr. 2004;23(2):139-51).

venerdì 20 settembre 2013

LA SINDROME DELL'INTESTINO IRRITABILE


Cos'è la Sindrome dell'Intestino Irritabile?


Irritable Bowel SyndromeLa Sindrome dell'Intestino Irritabile (IBS = Irritable Bowel Syndrome) colpisce circa il 10-20% della popolazione nel mondo occidentale, una frequenza che è circa doppia di quella degli ipertesi. IBS viene definita come un disordine cronico funzionale dell'intestino, caratterizzato principalmente da diarrea o stipsi o da alternanza delle due condizioni, gas e borborigmi, dolori crampiformi e, occasionalmente, presenza di muco nelle feci, ma non di sangue.

In caso di presenza visibile di sangue nelle feci è indispensabile un'immediata valutazione clinica da parte di un gastroenterologo e, molto probabilmente, un'endoscopia per riconoscerne l'origine.

Infezioni intestinali, alimenti a base di latte o suoi derivati, cereali contenenti il glutine come il frumento ma non solo, zucchero di mais e fruttosio che dolcificano le bevande in lattina, succhi di frutta e altre bibite, e alimenti conservati sono le cause scatenanti più frequenti, risultanti da numerosissimi studi clinici, come rilevante è il ruolo dello stress. Possono pure essere presenti fattori genetici.

L'uso frequente di antibiotici può anch'esso predisporre all'IBS.

Da sottolineare che questa sindrome non ha nulla a che vedere con le malattie infiammatorie croniche intestinali come la malattia di Crohn e la rettocolite ulcerosa, né con la malattia celiaca, anche se, talora, alcune delle cause scatenanti possono costituire elemento patogenetico comune.

Spesso pazienti con la Sindrome dell'Intestino Irritabile presentano sintomi compatibili con a fibromialgia reumatica o la sindrome da affaticamento cronico.

Quali sono i Test per definire la diagnosi di IBS?

Non esistono test ematici per la diagnosi di IBS. Non può essere diagnosticata mediante colonscopia. La diagnosi viene fatta prevalentemente sulla base della storia clinica e dei sintomi. Sono comunque oggi disponibili (anche se non ancora molto diffusi) test specializzati sulle feci che consentono di valutare i livelli di batteri "buoni e cattivi", marcatori di infiammazione intestinale e altri importanti marcatori di salute intestinale che possono aiutare e guidare il trattamento.

Trattamento per l'IBS

Poiché le cause di IBS possono sono molteplici, la terapia deve essere personalizzata.
Sono molto importanti modificazioni del regime alimentare, utilizzando alimenti che non siano irritanti e facilmente digeribili, che prevengano una disbiosi (alterazione della composizione della flora batterica intestinale). Il secondo passo è sicuramente quello di rimuovere i batteri "cattivi", lieviti e parassiti. Poi è utile rimpiazzare gli enzimi digestivi e migliorare contemporaneamente l'acidificazione dello stomaco, quando questo è necessario.
Quasi sempre è indispensabile una reinoculazione con batteri benefici e, infine, è importante provvedere a una riparazione del tessuto intestinale perché i risultati a lungo termine possano essere duraturi e definitivi.
Senza questi passaggi essenziali di medicina funzionale, è molto improbabile che i farmaci "su ricetta medica" propagandati come terapia dell'IBS possano avere beneficio alcuno.


giovedì 19 settembre 2013

IL SISTEMA PIU' IMPORTANTE: L'APPARATO DIGERENTE (parte prima)

Nell’ontogenesi (“L’insieme degli stadi di sviluppo attraverso i quali un organismo passa dallo stato iniziale di ovocellula o di germe a quello di individuo completo” Bini-Coletti) del nostro essere esseri umani, dalla prima cellula primordiale, dall’alga blu, a costruire un intero corpo umano nell’evoluzione della specie, l’apparato digerente, quando si è sviluppato per la prima volta, ha rappresentato lo strumento indispensabile e necessario per garantire la sopravvivenza e lo sviluppo di tutto l’organismo, ricavando dal mondo esterno le sostanze necessarie, filtrandole e rendendole adatte alla vita di tutti gli altri organi, di tutte le cellule dell’organismo cui apparteneva.
Per testimoniare questa “importanza”, basti dire che la prima cellula nervosa, comparsa in un essere vivente, non ha trovato posto in quello che noi chiamiamo “cervello”, ma attaccata all’apparato digerente: il primo computer per controllare l’efficienza del sistema era collocato nell’organo più importante, senza il quale la sopravvivenza non era garantita!
La rivoluzionaria scoperta del cervello addominale comporta alcune conoscenze fondamentali: domina il “collega” più nobile.
Ci accorgiamo solo del cervello nella testa perché è sede della coscienza, ma – come si usa dire – a decidere è spesso la pancia, o meglio, i centri nervosi lì appena scoperti.
La strada del cibo dallo stomaco all’ano è lunga: prima 30 cm di duodeno, poi 5 metri d’intestino tenue, infine 1,5 m di intestino crasso.

Per dirigere, fenomeno che non è soltanto chimico, ma anche motorio, cioè condizionato dai movimenti dell’apparato digerente, dalle 4 fasi della peristalsi, serve un secondo cervello (o meglio, il primo se ci atteniamo alla storia).

Il cervello (della testa) invia poche informazioni al sistema nervoso intestinale che è in gran parte indipendente. Il 90% delle informazioni va dal basso verso l’alto, dall’addome al cervello. Nella parete intestinale si nascondono due strati sottilissimi di un sistema nervoso complesso, il secondo per grandezza dopo quello della testa. Questi strati avvolgono il tratto digerente come una calza a rete. In questo modo possono coordinare i movimenti del “riflesso peristaltico” che fa avanzare il cibo nell’intestino. II meccanismo può essere riassunto così:
i neuroni nella parete intestinale sentono dove si trova un boccone di cibo (bolo) perché vengono stiracchiati dalla massa in transito. In seguito a questa “percezione”, le cellule enterocromaffini secernono serotonina, proteina che stimola le cellule nervose nel plesso sottomucoso. Queste, a loro volta, inviano segnali alle cellule muscolari che si attivano, dilatando e contraendo l’intestino.

Se il riflesso peristaltico viene inibito, per esempio per poca serotonina, si ha la stitichezza, al contrario un’eccessiva stimolazione dovuta a troppa serotonina, provoca diarrea.
II cervello addominale ha anche il compito di passare informazioni alla testa. In parte si tratta di segnali evidenti, come il vomito in caso di avvelenamento.

Molti altri messaggi sarebbero spontanei, legati alle emozioni, e impercepibili alla coscienza: inconsci.
In tutte le culture, nei modi di dire, nel senso comune, la pancia è tradizionalmente la sede principale (più del cervello) dei sentimenti e delle emozioni.

Fino a oggi per gli scienziati era un semplice tubo governato da riflessi; e per la maggior parte dei cittadini del mondo occidentale solo la parte più prosaica, viscida e rumorosa del corpo umano. Finché a qualcuno non è venuto in mente di contare le fibre nervose dell’intestino. E ha così scoperto che i modi di dire si basavano su una realtà scientifica: nella pancia c’è un secondo cervello, quasi una copia di quello che abbiamo nella testa. Non serve solo alla digestione. Come il cervello della testa anche quello addominale produce sostanze psicoattive che influenzano gli stati d’animo, come la serotonina, la dopamina, ma anche oppiacei antidolorifici e persino benzodiazepine, sostanze calmanti come il valium.

Anche il collega “di sotto” soffre di stress e nevrosi Il cervello addominale, insomma, lavora in modo autonomo e invia più segnali al cervello “nella testa” di quanti non riceva da esso. Aiuta a fissare i ricordi legati alle emozioni. Può ammalarsi, soffrire di stress e sviluppare proprie nevrosi. Prova sensazioni pensa e ricorda. E aiuta a prendere decisioni. Che bisogno c’era di due cervelli? “Nella scatola cranica tutto non ci stava” spiega Michael Schemann, docente di fisiologia alla facoltà di veterinaria di Hannover (Germania). “Per far passare i collegamenti col resto del corpo, il collo avrebbe dovuto avere un diametro enorme…e poi, appena dopo la nascita, il neonato deve mangiare, bere e digerire: meglio che queste funzioni fondamentali siano autonome”.

Durante la formazione dell’embrione, quindi, una parte delle cellule nervose viene inglobata nella testa, un’altra va nell’addome: i collegamenti fra i due sono tenuti dal midollo spinale e dal nervo vago.

Al secondo cervello sono affidate le “decisioni viscerali”, cioè spontanee e inconsapevoli: ha quindi un ruolo importante nella gioia e nel dolore. Per studiare questo secondo cervello è nata una nuova scienza, la neurogastroenterologia. Le basi le ha gettate, a metà dell’800, Leopold Auerbach, un neurologo tedesco, che, osservando al microscopio l’intestino notò due strati sottilissimi di cellule nervose tra due strati di muscolo. E scoprì che questa specie di calza a rete avvolge tutto il tratto digerente, fino al retto...

lunedì 16 settembre 2013

IL SISTEMA MUSCOLOSCHELETRICO E L'ANATOMIA DELLE EMOZIONI by Giulia Calogero

Il corpo è il mezzo con cui tutti noi agiamo, ci esprimiamo durante la giornata e possiamo definirlo il "principale macchinario della vita".
Mentre, dal punto di vista medico, al sistema muscoloscheletrico può mancare il fascino dei sistemi e organi vitali, esso tuttavia è la grande macchina per cui gli altri sistemi (cardiovascolare, neuroendocrino, digestivo etc) esistono per servire e attraverso cui noi viviamo e funzioniamo. Tutti gli imput partono dal cervello, e le nostre emozioni si concentrano nell'apparato digerente! Possiamo dunque lavorare, studiare, svolgere compiti, fare l'amore, impartire trattamenti, suonare strumenti musicali etc .. e in questi modi interagiamo l'uno con l'altro e con il pianeta.
Questa macchina consuma energia ma è anche la principale sorgente del dolore, disagio, disabilità, localizzati o generali, proiettati o riflessi, acuti e cronici. Tutte queste lesioni dell'apparato muscolo scheletrico- osseo e dei tessuti molli- possiamo definirle con il termine "disfunzione somatica".
La disfunzione somatica è una alterazione funzionale dei vari componenti collegati al sistema somatico: struttura corporea, scheletrica, articolare, miofasciale, viscerale,neurale,vascolare linfatica etc .
Spesso, esperti della medicina dimenticano che tutti i problemi emozionali si rispecchiano in problemi muscolari, viscerali, articolari.

Tutti gli atteggiamenti emozionali quali: rabbia, paura, sentimenti come eccitamento, ansia e depressione, provocano posture e pattern muscolari e tendinei alterati. C'è una stretta relazione tra gli schemi di tensione e posturali abituali e gli atteggiamenti e conflitti psicologici. Rodere il fegato, pain in neck - dolore al collo -seccature - sono stati che Reich nel 1949 delineò nella sua interpretazione delle posture e dell'armamentario difensivo prodotto dal paziente nevrotico. Egli infatti riteneva che questi soggetti fossero "mezzi morti" e che le loro normali funzioni fossero a tutti i livelli ristrette e diminuite. Così descrisse un quadro visto fin troppo frequentemente: "erano disturbati sessualmemte, disturbati nella loro funzione lavorativa, e di vita affettiva emozionale, i loro processi corporei mancavano di ritmo, il loro respiro era scoordinato".

Le emozioni possono, dunque, mobilizzare e o paralizzare il corpo, con lo stress continuo o ripetuto poi, si provocano blocchi, limitazioni articolari, viscerali, che se non risolti si esprimono in dolore, perdendo dunque la capacità di rilassamento e con la conseguente perdita di energia nervosa.
La facilitazione a questo tipo di problemi è la risoluzione delle tensioni, che il più delle volte avviene mediante un sistema di esercizi, che comprendono le espressioni facciali e le posizioni corporee assieme alle manipolazioni vertebrali, viscerali e tecniche di mobilizzazione e di respirazione.
Ciò che mi preme sottolineare, è che l'emozione, lo stress psicologico, giocano un ruolo fondamentale sul sistema muscolo scheletrico che il più delle volte è afflitto da rigidità, dolore, limitazione articolare.


Tutti i movimenti richiedono attività muscolare:
alcuni schemi si organizzano autonomamente e spesso la coscienza soggettiva dello schema è ridotta, e compaiono azioni ripetitive abituali che hanno come conseguenza lo sviluppo dell'ipertono muscolare. Modificare questi schemi abituali è difficile molto più che modificare a breve termine le conseguenti alterazioni dei tessuti molli. I pattern respiratori abituali, come l'iperventilazione, possono essere compresi in questa categoria di fattori di stress con un impatto sul sistema muscoloscheletrico.


Dove c'è dolore la muscolatura è sempre tesa e tale dolore risulta da: il muscolo stesso, attraverso qualche prodotto metabolico nocivo o per il disturbo alla circolazione causato dallo spasmo; l'inserzione muscolare al periosto, ad esempio, provoca l'effettivo sollevamento del tessuto periostale in seguito alla tensione muscolare ( gomito del tennista); l'articolazione, che può essere limitata ed eccessivamente approssimata; in casi avanzati possono comparire alterazioni osteoartrosiche causate dai continui microtraumi dell'errata attività muscolare ripetuta nel tempo. L'accorciamento muscolare può portare anche ad un'usura asimmetrica, ad esempio il tensore della fascia lata si accorcia, serrando le strutture dell'anca e del ginocchio laterale; l'irritazione del nervo, che può essere provocata a livello spinale o lungo il decorso del nervo, come il risultato delle contratture muscolari croniche che possono coinvolgere il disco e la meccanica spinale generale; variazioni della soglia del dolore, che ha ampiamente a che fare con la percezione, che rendono tutti questi fattori più o meno significativi.

Le abitudini posturali scorrette generano dolore!

Sfumature psicologiche ed emozionali originate da stress portano al dolore fisico e, a questo punto, il compito del terapista-osteopata sarà quello di eliminare gli episodi dolorosi ma anche di riportare in equilibrio la struttura funzionale del corpo.

mercoledì 11 settembre 2013

INTRODUZIONE ALLA POSTURA


Oggi la medicina è concentrata sui sintomi; si interessa di diagnosi precoce, di terapia.
Il sintomo è al centro del problema medico



il sintomo viene isolato, ingigantito, enfatizzato: il problema, ad esempio, sono il dolore (lombalgia, cervicalgia, ma anche dolore viscerale, ecc), o la nausea, le vertigini e così via.

• questa manifestazione, orfana delle cause che la sottendono, diventa malattia (artrosi, radicolite, tendinite, ecc.)
vengono confuse cause ed effetti: ad esempio, l'artrosi come causa di dolore invece che il disordine funzionale come causa del dolore e dell'artrosi. E' molto più comodo (spesso anche più gradito al paziente) fermarsi a ciò che piu' appare e curare ciò che disturba in quel momento, piuttosto che rimuovere le cause.

Questo avviene perché ricercare l'origine dei fenomeni comporta uno sforzo mentale, tanta cultura, e anche uno sforzo fisico, per cui ci si nasconde dietro "l'eziologia ignota" invece di cercare di evidenziare cause eventuali ed andare alla radice del problema.

Questo è stato spesso intuito, enunciato, proposto come una filosofia (globalità, allineamento corporeo, ecc.) ma non ha trovato ancora un inquadramento scientifico, tecnologico e metodologico che lo traduca in una "prassi" semplice e chiara e che lo faccia diventare un "uso".

Per tali motivi una problematica nuova, che promette importanti evoluzioni della medicina, come quella sulla postura e sulle strumentazioni relative, può trovare difficoltà ad essere presa in considerazione, esaminata ed accettata. 


Essendo un discorso nuovo, che riporta alle origini ed alle cause, tende a modificare significati e rapporti imponendo una verifica di schemi e abitudini mentali ed operative e costringe a cambiare: i cambiamenti non sono mai facili da proporre e da fare accettare.


Obiettivo sì cura, ma soprattutto prevenzione


Culturalmente dobbiamo liberarci dal significato negativo (malattie) della salute ma gestire il significato positivo (benessere, gioia di vivere il proprio corpo, felicità di rapporto e le sue capacità espressive); sarà immediatamente chiaro e naturale il significato di prevenzione di un gruppo di malattie che derivano da un cattivo uso e che incidono, anche pesantemente, sull'economia della nostra salute, ma anche del Servizio Sanitario Nazionale. 


Si tratta di cose da evitare: il non corretto allineamento che porta alle deformazioni del corpo (il corpo è già deformato quando non è più in asse, quando le spalle sono in avanti, quando il bacino è malamente ruotato, e così via).

Le deformazioni portano a sovraccarichi e alla rovina delle articolazioni (artrosi, meniscopatie, degenerazioni tendinee e discali), ad irrigidimenti e degenerazione dei tessuti elastici (tendinopatie, miopatie, ecc.), a intrappolamento dei nervi, a blocchi respiratori, a cattiva circolazione, a ridotta concentrazione e stati di confusione, incapacità di controllare l'equilibrio, ma anche a sintomatologie viscerali toraciche e addominali importanti.

La medicina dovrebbe prima di tutto occuparsi di mantenere in efficienza la "macchina uomo" e non aspettare che ci si rovini per intervenire, poi, ad aggiustare (nessuno penserebbe ci si debba comportare così con la propria automobile): riparare deve essere il compito di alcuni medici quando, purtroppo, i guasti si sono verificati.

Ma la vera medicina deve essere presente, prima e, prima ancora, deve prendersi cura dell'integrità della persona e creare un programma di vita per mantenerla. Deve essere responsabile, e rendere questa società responsabile a far sì che la gente sia educata e abituata prioritariamente all'idea di quello che "vale" in relazione al proprio corpo.


DIABETE E OBESITA' = DIABESITY


Nei tempi moderni è comparsa una vera e propria epidemia, una condizione potenzialmente mortale che nel mondo occidentale ormai affligge circa il 50% dei soggetti adulti, una malattia che fa aumentare di peso, sentire malati, perdere energia e potrà accorciare sensibilmente la vostra vita, ma che il 90% di voi non sa nemmeno di avere.

Questa condizione (non è ancora una malattia) nel mondo anglosassone si chiama “diabesity”, intraducibile in italiano se non come predisposizione all’obesità e al diabete (un sincretismo fra diabetes e obesity). Rappresenta lo spettro continuo di un processo biologico anormale che va dall’insulino-resistenza lieve al diabete pienamente espresso.
Cercherò di spiegare quali siano le cause reali di questa condizione e di fornire alcuni semplici strumenti attraverso i quali si potrà iniziare un processo reversibile di guarigione a partire da oggi stesso.

LE CAUSE REALI della DIABESITY

Lo spettro completo di questa condizione, che continuerò, a chiamare “diabesity”, comprese tutte le complicazioni proprie del diabete conclamato e cioè aumento della glicemia, della pressione sanguigna, del colesterolo rappresenta solamente la sintomatologia terminale di un processo iniziato da tempo, che risulta da problemi con l’alimentazione, lo stile di vita e le tossine ambientali che interagiscono con le nostre “uniche” suscettibilità genetiche.

QUESTE RAPPRESENTANO LE CAUSE REALI DELLA DIABESITY.

Le ragioni per cui i fattori alimentari e dietetici e lo stile di vita alterati conducono a questa malattia è dovuto al fatto che essi determinano una condizione conosciuta come insulino-resistenza. Contrariamente a quello che comunemente gran parte della gente pensa, il diabete di tipo 2 è una malattia con troppa insulina, non con poca insulina. E l’insulina è il vero problema portante della diabesity.

Quando vi alimentate di “calorie vuote” e abbondanza di zuccheri a rapido assorbimento, calorie liquide e carboidrati (come pane, pasta, patate ecc.), le vostre cellule, lentamente, diventano resistenti agli effetti dell’insulina, per cui ne richiedono sempre più per svolgere lo stesso lavoro di mantenere la costante la glicemia.
In questo modo si sviluppa l’insulino-resistenza. Il primo segno dell’esistenza di un problema sono livelli ematici elevati di insulina. Più elevati sono questi valori, peggiore è la vostra insulino-resistenza e il vostro corpo comincia a invecchiare e a deteriorarsi. Infatti, la resistenza insulinica è il più importante fenomeno, preso singolarmente, che porta a un rapido e prematuro invecchiamento dell’organismo e a tutte le malattie che ne conseguono, comprese le cardiopatie, l’ictus, la demenza e il cancro.

Man mano che i livelli di insulina aumentano, si verifica un aumento dell’appetito che va fuori controllo, aumentando il peso, principalmente attorno all’addome, aumentando l’infiammazione e lo stress ossidativo, e si verificano molteplici effetti conseguenti compresa ipertensione, ipercolesterolemia, riduzione delle HDL, ipertrigliceridemia, aumento di peso verso la mezz’età, ispessimento del sangue che diventa più viscoso, e con aumento del rischio di cancro, Alzheimer e depressione. Tutti questi rappresentano il risultato dell’insulino-resistenza e di troppa insulina. 

L’aumento dello zucchero nel sangue non è l’origine del problema!

E poiché l’insulino-resistenza e la diabesity rappresentano uno sviluppo conseguente e diretto di un’alimentazione sbagliata e di uno stile di vita da correggere, questa condizione è REVERSIBILE al 100% nella stragrande maggioranza dei casi.

La maggior parte delle persone deve solo eliminare le cose che alterano il normale funzionamento del loro organismo, che lo portano fuori dall’equilibrio e introdurre quello che serve ad aiutare invece il proprio corpo a ritrovare il proprio equilibrio. Per la maggior parte delle persone gli interventi necessari sono veramente semplici e straordinariamente efficaci.

PRIMA DI TUTTO BISOGNA RICONDIZIONARE IL NOSTRO CERVELLO PER UNA SALUTE MIGLIORE

Tutti potenzialmente siamo tossicodipendenti da cibo. I nostri cervelli sono costruiti per farci desiderare alimenti altamente calorici e pieni di grassi. Si può imparare a controllare queste pulsioni, anzi si deve, per eliminare cibi che sono sì a elevato contenuto di calorie e di grassi, ma che dal punto di vista nutritivo rendono, invece, veramente poco.
Allora dobbiamo modificare il nostro software, ma per farlo, dobbiamo prima capire perché è arrivato a essere quello che ci portiamo appresso.

CALORIE = SOPRAVVIVENZA

Il desiderio del cervello di avere a che fare con alimenti “ricchi” è un problema genetico, appartiene agli animali predatori e ci appartiene da quando l’uomo era cacciatore/raccoglitore, sempre alla ricerca di qualcosa di più nutriente e succulento per alimentarsi. E soprattutto, la programmazione che ne deriva, da circa 2,4 milioni di anni, è un fatto legato ai periodi di carestia: bisognava nutrirsi anche in eccesso, per essere in condizione di sopravvivere ai momenti di ristrettezza alimentare.

Oggi, che tutto è facile e a portata di mano, questo si traduce in malattie e obesità.

L’uomo, cacciatore e raccoglitore ricavava circa il 60% delle sue calorie da carne, grasso e interiora degli animali cacciati e il rimanente 40% da tuberi, frutti, semi e radici. Per catturare le sue prede spendeva però molta energia fisica e questo giustificava anche la necessità di abbondanza alimentare (quando c’era).
Allora la varietà era comunque molto limitata, se la paragoniamo con i circa 40.000 prodotti alimentari diversi che abbiamo oggi a disposizione nei nostri supermercati, come pure la disponibilità: oggi noi possiamo nutrirci 7 giorni su sette e per tutte le 24 ore, e non troviamo, in genere, alcuna difficoltà, né, come ai nostri predecessori, ci è richiesta un’elevata spesa energetica per procurarsi il cibo.

Il problema, dunque, sta tutto nel bilanciamento fra proteine e carboidrati, ma la verità non è quella che la maggior parte della gente pensa. I carboidrati si sono fatti una pessima fama, ma essi rappresentano il singolo nutriente più importante per la salute dell’individuo e per la perdita di peso. Non sono questi i carboidrati che ci vengono per primi a mente, non si parla evidentemente di pane, pasta, pizza, dolci e dolcetti, ma dei vegetali in genere, che rassomigliano quanto più a quello che i nostri predecessori utilizzavano per la loro alimentazione.

I cacciatori/raccoglitori mangiavano prevalentemente frutta, tuberi, radici, semi e noci, cioè alimenti completi, pieni di fibre, vitamine e minerali e di fitocomposti colorati in grado di mantenere lo stato di salute e di tenere a bada l’aumento di peso. 
Richiedono pure un certo tempo per essere digeriti, per cui aumentano gli zuccheri nel sangue lentamente, creando una situazione ottimale per il metabolismo, garantendo un apporto continuo e costante di energia. Gli alimenti completi, poi, possiedono tutte le informazioni per essere in grado di attivare i geni giusti.

Gli ultimi 10.000 anni hanno visto l’avvento dell’agricoltura e della industrializzazione, e in un battito di ciglia (da un punto di vista della storia evoluzionistica) l’uomo ha completamente stravolto la sua alimentazione. Oggi, almeno il 60 per cento delle nostre calorie proviene da alimenti che il cacciatore/raccoglitore non avrebbe riconosciuto come cibo. La maggior parte di questi – cereali, bevande zuccherate, oli raffinati e condimenti - rientrano fra i carboidrati. Il cervello primitivo vede una fonte senza fine di energia e i nostri corpi, lasciati a questo punto senza controllo, ne pagano il prezzo: un’epidemia in tutto il mondo occidentale, ma non solo, di obesità e diabete (diabesity).

QUELLO CHE AVVIENE NEL NOSTRO SANGUE

Quando si mangiano carboidrati semplici, sia zucchero sia amidi, questi passano quasi istantaneamente nel torrente sanguigno. Nel tempo di pochi secondi i livelli di zucchero cominciano ad aumentare. Per contrastare questo aumento viene liberata insulina. L’insulina è la chiave che consente agli zuccheri di entrare nelle cellule. Man mano che gli zuccheri entrano nelle cellule, i livelli ematici di glucosio diminuiscono e viene recuperata l’omeostasi. Un’abbondanza di zuccheri semplici nell’alimentazione costringe il corpo a liberare sempre più insulina. Questo induce le cellule a chiudere i lucchetti per troppo utilizzo e, come una chiave che ha perso qualche dente, l’insulina non riesce più ad attivare il meccanismo cellulare per cui gli zuccheri possono penetrare nelle cellule. Le cellule diventano insensibili agli effetti dell’insulina. Ne risulta che il corpo deve produrre sempre più insulina per cercare di superare questa resistenza e mantenere normali livelli di zucchero nel sangue (e dentro le cellule). Infine, questo meccanismo porta a una condizione chiamata insulino-resistenza (diabesity), che si traduce in aumento del grasso addominale, ipertensione, ipercolesterolemia, infertilità, riduce il desiderio sessuale, provoca depressione, stanchezza e perdita di funzioni cerebrali (demenza) e anche favorisce l’origine del cancro.

TRE MODI PER RIPROGRAMMARE IL CERVELLO

Fortunatamente ci sono tre modi per riprogrammare le parti primitive del cervello facendo le scelte alimentari giuste e qui esporrò tre modi semplici.

      1. BILANCIARE GLI ZUCCHERI
I livelli di zucchero nel sangue regolano la parte ancestrale del cervello che comanda la fame e la sazietà. Se viene fame fra i pasti, significa che i livelli di zucchero si sono abbassati. Quando i livelli di zucchero sono bassi, viene voglia di mangiare qualsiasi cosa. Per bilanciare bene i livelli di glucosio, mangiare invece un piccolo snack fra i pasti, a base preferibilmente di semi o noci (15-30 grammi), o frutta o verdura (una mela, una carota, 3-4 prugne secche o albicocche secche).

                  2.   ELIMINARE CALORIE LIQUIDE E DOLCIFICANTI ARTIFICIALI
I nostri progenitori non bevevano bibite o succhi di frutta confezionati quando avevano sete. Queste bevande sono ricche in fruttosio (dal mais) e in zuccheri raffinati. Provare invece a bere solo acqua, meglio se filtrata, e tè verde non zuccherato. Il tè verde contiene sostanze antiossidanti che fanno molto bene alla salute. E, non cadete nella tentazione delle varie bevande cosiddette “diet” o “zero”. Contengono dolcificanti artificiali che, intanto non sono sicuri, poi inducono l’organismo a produrre comunque molta insulina, come se si stesse mangiando zucchero.

      3.   MANGIARE MOLTE PROTEINE A COLAZIONE
Idealmente, si mangiano ad ogni pasto proteine di buona qualità, ma se si deve dare priorità a un pasto, scegliere la colazione del mattino. Molti studi dimostrano che utilizzando al risveglio proteine salutari come quelle dell’uovo, noci, semi, burro di noci, o un frullato proteico, aiuta a perdere peso, riduce la fame e brucia calorie.
Infine, apparentemente non si possono controllare i nostri geni, ma si può invece controllare cosa e come mangiare. Se si riprende il controllo della propria alimentazione, modificandola per quello che serve realmente, il cervello non cadrà più nella tentazione di fame e di urgenza di assumere cibo che caratterizza il cervello dei rettili e degli animali meno evoluti. Abbiamo uno strumento potentissimo per trasformare e migliorare la nostra salute che è la nostra forchetta. Usiamola bene e ne saremo ricompensati.

Assieme al ricondizionamento del nostro cervello primordiale, è bene che seguiamo anche le prossime regole:


8 PASSI per RENDERE REVERSIBILE la DIABESITY

      1.   Fare gli esami giusti. Gran parte dei medici si focalizza sui livelli di glicemia a digiuno, o al massimo a quelli dopo una e due ore da carico di 75 grammi di glucosio. Questi sono indicatori scadenti per quanto riguarda la diabesity. Il test migliore per evidenziare la condizione è un test di risposta insulinica dove l’insulinemia viene misurata a digiuno e dopo 1 e 2 ore dopo un carico di glucosio assunto per via orale (quindi: glucosio e insulina basali, glucosio e insulina dopo una e due ore da un carico di zucchero e emoglobina glicata basale).

      2.   Guardate alla vostra alimentazione in modo lieve e sorridente. Infatti, nonostante quanto comunemente si legge o si ascolta sui media, e la confusione crescente fra i medici, le nozioni basilari di una corretta alimentazione (nutrizione) sono estremamente semplici. Eliminate lo zucchero e i carboidrati raffinati, utilizzate esclusivamente, o quanto più possibile, alimenti semplici (come ci provengono dalla natura e meglio se biologici) come proteine magre, pesce o pollame, vegetali, noci, semi, legumi e cereali integrali.

      3.   Assumete gli integratori giusti. Nonostante spesso si levino voci discordanti e contrarie, queste sono del tutto infondate, Gli integratori, prodotti talora di nutraceutica, rappresentano una parte essenziale della terapia della diabesity. Un buon prodotto multivitaminico, vitamina D, olio di pesce, nutrienti speciali che riequilibrano il metabolismo degli zuccheri come l’acido alfa-lipoico, il cromo polinicotinato, la biotina, la cannella, le catechine del tè verde, e il glucomannano possono rappresentare tutti elementi da aggiungere.

      4.   Imparate a rilassarvi. Lo stress è uno dei maggiori, non riconosciuti, fattori contribuenti all’insulino-resistenza e allo squilibrio del metabolismo degli zuccheri. Pensate solo a tutta quell’adrenalina messa in circolo (che libera zucchero dal fegato e dai muscoli e quindi insulina). Imparate pertanto a inserire il bottone della “pausa” nella vostra vita e spingetelo ogni giorno, praticando la respirazione profonda, le visualizzazioni, yoga, training autogeno, meditazione o altre tecniche di rilassamento.

      5.   Imparate a muovervi. Non basta modificare l’alimentazione (qui ricordo che non uso mai il termine dieta, che mi sembra privativo, ma alimentazione, che ci ricorda che noi ci nutriamo, cioè forniamo al nostro organismo il carburante giusto che gli abbisogna), l’esercizio fisico è probabilmente il singolo miglior farmaco per curare la vostra diabesity. Camminate almeno 30 minuti al giorno a passo veloce. Per alcuni di voi potrà non bastare e saranno necessari 40-60 minuti di esercizio aerobico più vigoroso 4-6 volte alla settimana.

      6.   Diventate ambientalisti e verdi. Le tossine ambientali contribuiscono anch’esse alla diabesity. Filtrate l’acqua, cercate prodotti per la pulizia verdi e biocompatibili, fate con accuratezza la raccolta differenziata dei rifiuti ed evitate le sostanze plastiche tutte le volte che potete.

      7.   Pensate a voi come una persona “unica”. I passi descritti in precedenza si rivolgono all’80% dei problemi associati alla diabesity, ma alcuni individui richiederanno ulteriori passi per ottimizzare aree chiave della loro biologia. Ricordate: la medicina del futuro sarà una medicina personalizzata. Si ricercheranno gli squilibri metabolici del singolo individuo, che ne alterano la biologia, per ricercare dei rimedi specifici per ricomporli.

      8.   Rimanete “connessi”. La ricerca incomincia a dimostrare che noi, in realtà andiamo meglio quando stiamo insieme. Invitate i vostri amici, famiglie, e vicini a modificare la loro alimentazione e il loro stile di vita assieme a voi. Assieme si può riprendere più facilmente il controllo della nostra salute.

Un ultimo indirizzo: i principi base che vi ho illustrato si riferiscono soprattutto a chi ancora pensa di stare bene. Non fate tutto da soli. Rivolgetevi a un professionista serio e competente quando avete dei dubbi o per raggiungere meglio e più rapidamente gli effetti desiderati. Soprattutto con gli integratori, non usate il fatelo-da-voi: considerateli come se fossero farmaci e chiedetene quantità, uso e durata a persone competenti e, per quanto riguarda l’attività fisica, sarà bene ci sia una valutazione preliminare da parte di un osteopata-posturologo per evitare che, invece di ottenere gli effetti desiderati, vi troviate con una nuova complessità da affrontare, ma non solo: una postura corretta e il suo riequilibrio condizionano il nostro benessere: questo deve essere il nostro obiettivo primario!