Per capire moltissime patologie bisogna prima comprendere
come funzioniamo e, poi perché funzioniamo male.
Solo allora si potrà comprendere come prevenire o curare.
Cominciamo dalla storia dell’uomo, tre milioni e mezzo di
anni fa. Perché così lontano?
Perché la visione del tempo negli antichi era più o meno
questa: “sei nel mezzo del fiume (il Tempo) e guardi verso la foce. Il futuro
arriva da dietro… e svanisce subito nel passato. Che però è sempre davanti a
te, e avanza di continuo. Se potessi guardare abbastanza lontano vedresti
l’inizio e quindi, essenzialmente, tutto”.
Questo per dire che, se utilizzassimo una visione più realistica della
vita, centrata sul passato, forse sarebbe più facile capire perché oggi si è
sani o malati.
Siamo nati per essere sani e in forma. Questo è l’elemento
principale che ci deve guidare, anche se la medicina è tutta centrata
sull’individuare le malattie, cioè le persone non sane, e a crearle (malate).
Basta guardare a molti farmaci, inizialmente nati con un’indicazione che poi si
è allargata (per esempio le statine che sembrerebbero essere l’elisir di lunga
vita, contro tutto, o i farmaci inibitori la pompa protonica, nati per curare
l’ulcera, ma poi trasformando tutti coloro che hanno un bruciorino di stomaco
in “malati di reflusso”, oggi indicati in circa 500 milioni di persone al
mondo).
Quello che dobbiamo domandarci è se siano prima necessari
nuovi farmaci, la mappatura dei geni, nuove tecniche chirurgiche, strumenti di
diagnosi sofisticati, o fermarsi a pensare se questi “bisogni” non vengano dopo
la ricerca di un modo migliore e più semplice per essere sani e stare bene.
Una parte di questa risposta sta sicuramente nelle origini e
cercare di rispondere a domande fondamentali:
Che cosa dovremmo mangiare?
Quale e quanto esercizio fisico dovremmo fare?
In che cosa consiste una vita sana?
Dobbiamo anche domandarci perché il nostro sistema sanitario
sia confuso al riguardo e le istituzioni che si occupano di prevenzione siano
più simili a parassiti che a organismi simbiotici. Purtroppo la risposta c’è: è
difficile lucrare sulla gente sana , a meno di non vendere biciclette, scarpe
da corsa o lezioni di ballo o alimenti biologici ecc.
Vorrei allora utilizzare un’analogia per spiegare dove
questo discorso vuole arrivare. Se si immagina una scatola piena di pezzi di
ceramica metà rossi e metà verdi che voi dovete rimettere assieme per creare
l’oggetto originale, immaginate anche due scenari diversi. Nel primo non sapete
che l’oggetto originario è un vaso fatto solo di cocci rossi, mentre nel
secondo non avete idea di che forma abbia l’oggetto originale. A complicare il
tutto dovete pure indossare degli occhiali che vi faranno vedere i frammenti,
rossi o verdi, tutti marroni.
Credo che vi verrebbe una bella frustrazione se, vedendo
tutti i pezzi dello stesso colore e non sapendo cosa dovreste ricostruire vi
accingeste comunque all’impresa. Bene, la ricerca, nel campo della nutrizione,
della medicina, nel settore biomedico in generale si trova in una situazione
molto simile. Tutti indossano i paraocchi, tutti gli studi appaiono
apparentemente ugualmente validi, non abbiamo una teoria unificante sulla base
della quale valutare i risultati. Di conseguenza tutto è vero anche il
contrario del vero, un giorno le uova possono salvarvi la vita e il giorno dopo
apparire come armi letali.
Faccio ora un esempio più concreto: il grasso fa ingrassare?
Giusto? Bene, gli epidemiologi (e l’epidemiologia è forse l’unica scienza
esatta in medicina perché conta i fenomeni) sono impegnati a spiegare perché i
francesi, gli spagnoli, ma anche i sardi e i greci che mangiano più grassi
degli americani (ma consumano molto, molto meno zucchero), non presentano la
stessa incidenza di obesità, diabete e cancro. Eppure i dietologi sostengono
che dobbiamo mangiare più carboidrati (55-60%) e meno grassi. Forse si
dimentica la nostra storia, forse non tutti comprendono come il nostro passato
e il nostro futuro siano profondamente interessati dal nostro patrimonio
genetico. La risposta può sembrare troppo semplice, ma la maggior parte dei
nostri problemi di salute viene dal passato: ricordiamoci che noi, cioè l’Homo
sapiens, siamo parte della natura e questo straordinario patrimonio genetico
che ci portiamo dietro è il punto di arrivo di un albero genealogico che affonda
le sue radici all’alba della vita. Meraviglioso!
I nostri progenitori sono passati dallo stile di vita di
cacciatori-raccoglitori, che avevano seguito per milioni di anni, al più vasto
esperimento mai tentato su scala globale, l’agricoltura, e qualunque
antropologo vi confermerà questo effetto sconvolgente della rivoluzione
agricola.
Se si rappresenta la storia dell’essere umano come una linea
lunga 100 metri e se percorressimo i primi 99,5 metri, avremmo percorso tutta
la storia dell’uomo tranne gli ultimi 5000 anni. In questo lungo periodo (99,5%
della nostra storia) è avvenuta la selezione genetica attraverso la quale ci
siamo adattati alla vita dei cacciatori-raccoglitori, e ci siamo adattati
davvero bene, superando condizioni di vita difficilissime da affrontare, mentre
l’interazone fra i nostri geni e il nostro ambiente ci ha reso quello che
eravamo, ma anche quello che siamo: il nostro patrimonio genetico è in sostanza
identico a quello dei nostri primi antenati umani, vissuti più di 120.000 anni
fa. Gli ultimi 10.000 anni, ovvero il periodo in cui siamo passati dallo stile
di vita dei cacciatori-raccoglitori all’agricoltura, rappresenta l’ultimo mezzo
metro di questa linea lunga 100 metri e gli ultimi centimetri rappresentano la
televisione, internet, gli oli vegetali raffinati e gran parte di quello che
pensiamo oggi sia il modo normale di vivere.
Vediamo cosa è successo.
Sempre gli antropologhi sostengono che i nostri antenati
cacciatori-raccoglitori godevano di una salute notevole. Erano alti quanto o
più degli americani o degli europei dei nostri giorni, il che indica che la
loro dieta era molto nutriente. In pratica non avevano carie né malformazioni
ossee tipiche della malnutrizione. Nonostante l’ovvia mancanza di cure mediche
la mortalità infantile era notevolmente bassa, e, nonostante le condizioni
ambientali difficili, più del 10 per cento di loro arrivava a vivere oltre i
sessant’anni. Gli studi fatti nelle popolazioni ancora esistenti sul pianeta di
cacciatori-raccoglitori che vivono in età contemporanea, indicano che malattie
come il cancro, il diabete e le malattie vascolari sono in pratica sconosciute
in queste popolazioni e non c’è neppure traccia di acne e miopia.
I nostri progenitori avevano una struttura fisica possente,
con forza e resistenza comparabile a quella degli atleti moderni. Questo perché
lo stile di vita era quello dei predatori che richiedeva alti livelli di
attività, ma permetteva anche lunghi periodi di riposo e di relax.
E tutte queste non sono solo supposizioni. Basta chiedere a
un medico specialista in medicina legale o a un esperto di antropologia medica.
Sarà capace di distinguere, quasi a colpo d’occhio, lo scheletro di un
cacciatore-raccoglitore da quello appartenente a una popolazione agricola.
Questo appunto per via delle carie dentali, delle malformazioni ossee e, in
genere dai segni generali di condizioni di salute più precarie più frequenti
nell’uomo ormai ridotto a uno stato stanziale rispetto ai suoi cugini
cacciatori-raccoglitori. Questi dati sono confortati da molte ricerche: per
esempio, nell’Ohio, Stati Uniti d’America, sono stati studiati abitanti della
zona sia cacciatori-raccoglitori (Indian Knolls, dal nome della zona di
ritrovamento, vissuti fra i 3000-5000 anni
fa), che agricoltori (villaggio di Hardin circa 500 anni fa). In questi siti
archeologici sono stati ritrovati un gran numero di resti che hanno consentito
di ricostruire le abitudini alimentari: Gli abitanti di Hardin, agricoltori,
vivevano prevalentemente di mais, legumi e zucche, come molte popolazioni
native americane (per es. i Pima in Messico e Arizona che, fra l’altro, sono la
popolazione al mondo con la massima incidenza di calcoli alla cistifellea). I
cacciatori-raccoglitori di Indian Knolss vivevano invece di una dieta di tipo
predatorio a base di carne, frutta selvatica, pesce e crostacei.
La differenza concernente lo stato di salute delle due
popolazioni evidenziata in questi studi è notevole:
·
I cacciatori-raccoglitori non mostrano alcun
segno di carie, mentre negli agricoltori almeno sette carie per individuo
·
I cacciatori-raccoglitori mostrano un tasso di
malformazioni ossee tipiche della malnutrizione significativamente più basso (erano
quindi meglio nutriti)
·
I cacciatori-raccoglitori mostrano un tasso
inferiore di mortalità infantile, con una differenza più rilevante nell’età
compresa fra i 2 e i 4 anni, età cioè in cui la malnutrizione ha effetti
particolarmente dannosi sui bambini.
·
I cacciatori-raccoglitori erano più sani come
dimostra i tasso di malformazioni dovute a malattie infettive più basso
·
Vivevano anche più a lungo e mostrano pochissimi
segni di carenza di ferro, calcio o proteine rispetto agli agricoltori.
Tutto questo pur essendo vissuti
3000-4000 anni prima.
Questi dati confermano studi più
recenti, sempre di antropologia medica, dai quali, si evidenzia come, rispetto
a una aspettativa di vita sempre in aumento, come riportato dal grafico qui
sotto,
l’aspettativa di vita reale, cioè
quella per cui viviamo contando solo sulle nostre forze, come il
ricercatore-raccoglitore, senza l’ausilio di medici, farmaci e quant’altro, è
in verità espressa dal grafico seguente:
Questo significa che è successo qualcosa che ha modificato
le nostre capacità di difenderci dalle malattie, nonostante Pasteur, la
scoperta dei microbi e Fleming degli antibiotici. La nostra vita si è
modificata drammaticamente negli ultimi anni e questo non può che essere
attribuito all’aumento del consumo di cereali, quantitativo da un lato e
qualitativo (più glutine e più cereali raffinati e quindi assorbiti come
zuccheri) dall’altro.
Ma non è solo questo, la vita si è modificata profondamente
per quanto riguarda lo stress. Non è che l’uomo primitivo fosse esente da
paure, certo la vita era molto più difficile. Ma tutto era dato come
inevitabile e il tempo, invece, dedicato a sé o alla famiglia era molto molto
di più rispetto a oggi.
Le stress non è una bella parola per giustificare quello che
non sappiamo o che non vogliamo, è adrenalina (e quindi zuccheri), ma è anche,
e questo ci importa assai di più, perdita di difese di barriera a livello delle
mucose.
Quello che avviene è lo stesso fenomeno fisiopatologico
provocato dall’alcol: si riducono le prostaglandine buone (PGE2), si riduce il
flusso di sangue, si riduce la produzione di muco, si riduce la capacità
riparativa cellulare.
Risultato? Quello che gli anglosassoni chiamano Leaky Gut
Syndrome, cioè una perdita di permeabilità di membrana.
La perdita di permeabilità di membrana è cosa gravissima
perché significa minori difese, trasmissione al sistema immunitario di messaggi
impropri e possibilità di proteine estranee di attraversare la barriera e
provocare infiammazione.
Da ultimo va considerata l’attività fisica. Eravamo sempre
in movimento, da quando cacciatori-raccoglitori inseguivamo le nostre prede, a
quando, per spostarci, usavamo la bicicletta. Ora solo automobili, e noi
seduti, televisione, computer: sempre immobili. Diventiamo deformi e flaccidi e
non ce ne accorgiamo, bombardiamo il nostro cervello di chimica posturale e non
capiamo quanto questo sia deleterio, e ci svegliamo acciaccati e stanchi
(quando dormiamo) senza renderci conto che siamo solo noi i responsabili.
Perché non cercare quindi di riprenderci l’equilibrio?
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