domenica 22 dicembre 2013

PERCHE' CI AMMALIAMO

Per capire moltissime patologie bisogna prima comprendere come funzioniamo e, poi perché funzioniamo male.
Solo allora si potrà comprendere come prevenire o curare.

Cominciamo dalla storia dell’uomo, tre milioni e mezzo di anni fa. Perché così lontano?
Perché la visione del tempo negli antichi era più o meno questa: “sei nel mezzo del fiume (il Tempo) e guardi verso la foce. Il futuro arriva da dietro… e svanisce subito nel passato. Che però è sempre davanti a te, e avanza di continuo. Se potessi guardare abbastanza lontano vedresti l’inizio e quindi, essenzialmente, tutto”.  Questo per dire che, se utilizzassimo una visione più realistica della vita, centrata sul passato, forse sarebbe più facile capire perché oggi si è sani o malati.
Siamo nati per essere sani e in forma. Questo è l’elemento principale che ci deve guidare, anche se la medicina è tutta centrata sull’individuare le malattie, cioè le persone non sane, e a crearle (malate). 

Basta guardare a molti farmaci, inizialmente nati con un’indicazione che poi si è allargata (per esempio le statine che sembrerebbero essere l’elisir di lunga vita, contro tutto, o i farmaci inibitori la pompa protonica, nati per curare l’ulcera, ma poi trasformando tutti coloro che hanno un bruciorino di stomaco in “malati di reflusso”, oggi indicati in circa 500 milioni di persone al mondo).
Quello che dobbiamo domandarci è se siano prima necessari nuovi farmaci, la mappatura dei geni, nuove tecniche chirurgiche, strumenti di diagnosi sofisticati, o fermarsi a pensare se questi “bisogni” non vengano dopo la ricerca di un modo migliore e più semplice per essere sani e stare bene.

Una parte di questa risposta sta sicuramente nelle origini e cercare di rispondere a domande fondamentali:
Che cosa dovremmo mangiare?
Quale e quanto esercizio fisico dovremmo fare?
In che cosa consiste una vita sana?

Dobbiamo anche domandarci perché il nostro sistema sanitario sia confuso al riguardo e le istituzioni che si occupano di prevenzione siano più simili a parassiti che a organismi simbiotici. Purtroppo la risposta c’è: è difficile lucrare sulla gente sana , a meno di non vendere biciclette, scarpe da corsa o lezioni di ballo o alimenti biologici ecc.
Vorrei allora utilizzare un’analogia per spiegare dove questo discorso vuole arrivare. Se si immagina una scatola piena di pezzi di ceramica metà rossi e metà verdi che voi dovete rimettere assieme per creare l’oggetto originale, immaginate anche due scenari diversi. Nel primo non sapete che l’oggetto originario è un vaso fatto solo di cocci rossi, mentre nel secondo non avete idea di che forma abbia l’oggetto originale. A complicare il tutto dovete pure indossare degli occhiali che vi faranno vedere i frammenti, rossi o verdi, tutti marroni.
Credo che vi verrebbe una bella frustrazione se, vedendo tutti i pezzi dello stesso colore e non sapendo cosa dovreste ricostruire vi accingeste comunque all’impresa. Bene, la ricerca, nel campo della nutrizione, della medicina, nel settore biomedico in generale si trova in una situazione molto simile. Tutti indossano i paraocchi, tutti gli studi appaiono apparentemente ugualmente validi, non abbiamo una teoria unificante sulla base della quale valutare i risultati. Di conseguenza tutto è vero anche il contrario del vero, un giorno le uova possono salvarvi la vita e il giorno dopo apparire come armi letali.

Faccio ora un esempio più concreto: il grasso fa ingrassare? Giusto? Bene, gli epidemiologi (e l’epidemiologia è forse l’unica scienza esatta in medicina perché conta i fenomeni) sono impegnati a spiegare perché i francesi, gli spagnoli, ma anche i sardi e i greci che mangiano più grassi degli americani (ma consumano molto, molto meno zucchero), non presentano la stessa incidenza di obesità, diabete e cancro. Eppure i dietologi sostengono che dobbiamo mangiare più carboidrati (55-60%) e meno grassi. Forse si dimentica la nostra storia, forse non tutti comprendono come il nostro passato e il nostro futuro siano profondamente interessati dal nostro patrimonio genetico. La risposta può sembrare troppo semplice, ma la maggior parte dei nostri problemi di salute viene dal passato: ricordiamoci che noi, cioè l’Homo sapiens, siamo parte della natura e questo straordinario patrimonio genetico che ci portiamo dietro è il punto di arrivo di un albero genealogico che affonda le sue radici all’alba della vita. Meraviglioso!

I nostri progenitori sono passati dallo stile di vita di cacciatori-raccoglitori, che avevano seguito per milioni di anni, al più vasto esperimento mai tentato su scala globale, l’agricoltura, e qualunque antropologo vi confermerà questo effetto sconvolgente della rivoluzione agricola.
Se si rappresenta la storia dell’essere umano come una linea lunga 100 metri e se percorressimo i primi 99,5 metri, avremmo percorso tutta la storia dell’uomo tranne gli ultimi 5000 anni. In questo lungo periodo (99,5% della nostra storia) è avvenuta la selezione genetica attraverso la quale ci siamo adattati alla vita dei cacciatori-raccoglitori, e ci siamo adattati davvero bene, superando condizioni di vita difficilissime da affrontare, mentre l’interazone fra i nostri geni e il nostro ambiente ci ha reso quello che eravamo, ma anche quello che siamo: il nostro patrimonio genetico è in sostanza identico a quello dei nostri primi antenati umani, vissuti più di 120.000 anni fa. Gli ultimi 10.000 anni, ovvero il periodo in cui siamo passati dallo stile di vita dei cacciatori-raccoglitori all’agricoltura, rappresenta l’ultimo mezzo metro di questa linea lunga 100 metri e gli ultimi centimetri rappresentano la televisione, internet, gli oli vegetali raffinati e gran parte di quello che pensiamo oggi sia il modo normale di vivere.

Vediamo cosa è successo.
Sempre gli antropologhi sostengono che i nostri antenati cacciatori-raccoglitori godevano di una salute notevole. Erano alti quanto o più degli americani o degli europei dei nostri giorni, il che indica che la loro dieta era molto nutriente. In pratica non avevano carie né malformazioni ossee tipiche della malnutrizione. Nonostante l’ovvia mancanza di cure mediche la mortalità infantile era notevolmente bassa, e, nonostante le condizioni ambientali difficili, più del 10 per cento di loro arrivava a vivere oltre i sessant’anni. Gli studi fatti nelle popolazioni ancora esistenti sul pianeta di cacciatori-raccoglitori che vivono in età contemporanea, indicano che malattie come il cancro, il diabete e le malattie vascolari sono in pratica sconosciute in queste popolazioni e non c’è neppure traccia di acne e miopia.
I nostri progenitori avevano una struttura fisica possente, con forza e resistenza comparabile a quella degli atleti moderni. Questo perché lo stile di vita era quello dei predatori che richiedeva alti livelli di attività, ma permetteva anche lunghi periodi di riposo e di relax.
E tutte queste non sono solo supposizioni. Basta chiedere a un medico specialista in medicina legale o a un esperto di antropologia medica. Sarà capace di distinguere, quasi a colpo d’occhio, lo scheletro di un cacciatore-raccoglitore da quello appartenente a una popolazione agricola. Questo appunto per via delle carie dentali, delle malformazioni ossee e, in genere dai segni generali di condizioni di salute più precarie più frequenti nell’uomo ormai ridotto a uno stato stanziale rispetto ai suoi cugini cacciatori-raccoglitori. Questi dati sono confortati da molte ricerche: per esempio, nell’Ohio, Stati Uniti d’America, sono stati studiati abitanti della zona sia cacciatori-raccoglitori (Indian Knolls, dal nome della zona di ritrovamento, vissuti fra i  3000-5000 anni fa), che agricoltori (villaggio di Hardin circa 500 anni fa). In questi siti archeologici sono stati ritrovati un gran numero di resti che hanno consentito di ricostruire le abitudini alimentari: Gli abitanti di Hardin, agricoltori, vivevano prevalentemente di mais, legumi e zucche, come molte popolazioni native americane (per es. i Pima in Messico e Arizona che, fra l’altro, sono la popolazione al mondo con la massima incidenza di calcoli alla cistifellea). I cacciatori-raccoglitori di Indian Knolss vivevano invece di una dieta di tipo predatorio a base di carne, frutta selvatica, pesce e crostacei.

La differenza concernente lo stato di salute delle due popolazioni evidenziata in questi studi è notevole:

·      I cacciatori-raccoglitori non mostrano alcun segno di carie, mentre negli agricoltori almeno sette carie per individuo
·      I cacciatori-raccoglitori mostrano un tasso di malformazioni ossee tipiche della malnutrizione significativamente più basso (erano quindi meglio nutriti)
·      I cacciatori-raccoglitori mostrano un tasso inferiore di mortalità infantile, con una differenza più rilevante nell’età compresa fra i 2 e i 4 anni, età cioè in cui la malnutrizione ha effetti particolarmente dannosi sui bambini.
·      I cacciatori-raccoglitori erano più sani come dimostra i tasso di malformazioni dovute a malattie infettive più basso
·      Vivevano anche più a lungo e mostrano pochissimi segni di carenza di ferro, calcio o proteine rispetto agli agricoltori.

Tutto questo pur essendo vissuti 3000-4000 anni prima.

Questi dati confermano studi più recenti, sempre di antropologia medica, dai quali, si evidenzia come, rispetto a una aspettativa di vita sempre in aumento, come riportato dal grafico qui sotto,
















l’aspettativa di vita reale, cioè quella per cui viviamo contando solo sulle nostre forze, come il ricercatore-raccoglitore, senza l’ausilio di medici, farmaci e quant’altro, è in verità espressa dal grafico seguente:



Questo significa che è successo qualcosa che ha modificato le nostre capacità di difenderci dalle malattie, nonostante Pasteur, la scoperta dei microbi e Fleming degli antibiotici. La nostra vita si è modificata drammaticamente negli ultimi anni e questo non può che essere attribuito all’aumento del consumo di cereali, quantitativo da un lato e qualitativo (più glutine e più cereali raffinati e quindi assorbiti come zuccheri) dall’altro.

Ma non è solo questo, la vita si è modificata profondamente per quanto riguarda lo stress. Non è che l’uomo primitivo fosse esente da paure, certo la vita era molto più difficile. Ma tutto era dato come inevitabile e il tempo, invece, dedicato a sé o alla famiglia era molto molto di più rispetto a oggi.
Le stress non è una bella parola per giustificare quello che non sappiamo o che non vogliamo, è adrenalina (e quindi zuccheri), ma è anche, e questo ci importa assai di più, perdita di difese di barriera a livello delle mucose.
Quello che avviene è lo stesso fenomeno fisiopatologico provocato dall’alcol: si riducono le prostaglandine buone (PGE2), si riduce il flusso di sangue, si riduce la produzione di muco, si riduce la capacità riparativa cellulare.
Risultato? Quello che gli anglosassoni chiamano Leaky Gut Syndrome, cioè una perdita di permeabilità di membrana.
La perdita di permeabilità di membrana è cosa gravissima perché significa minori difese, trasmissione al sistema immunitario di messaggi impropri e possibilità di proteine estranee di attraversare la barriera e provocare infiammazione.

Da ultimo va considerata l’attività fisica. Eravamo sempre in movimento, da quando cacciatori-raccoglitori inseguivamo le nostre prede, a quando, per spostarci, usavamo la bicicletta. Ora solo automobili, e noi seduti, televisione, computer: sempre immobili. Diventiamo deformi e flaccidi e non ce ne accorgiamo, bombardiamo il nostro cervello di chimica posturale e non capiamo quanto questo sia deleterio, e ci svegliamo acciaccati e stanchi (quando dormiamo) senza renderci conto che siamo solo noi i responsabili.


Perché non cercare quindi di riprenderci l’equilibrio?

Nessun commento:

Posta un commento

Per inserire un commento è necessario diventare utenti registrati, cliccando su iscriviti per email